Giovedì 25 Aprile 2024

All’asta il Nobel di Quasimodo. Il figlio: "Sono al verde, vendo tutto"

Alessandro, attore teatrale: "I diritti d’autore fruttano solo 2mila euro"

Il premio Nobel Salvatore Quasimodo

Il premio Nobel Salvatore Quasimodo

Milano, 23 novembre 2015 - "Guardi, su questa cosa non voglio parlare, sono già passato nel tritacarne dei media quando ho venduto l’archivio di mio padre, mi hanno messo in croce dicendo che la cultura non si vende". Alessandro Quasimodo, figlio di Salvatore, è nell’occhio del ciclone per la decisione di mettere all’asta il premio Nobel per la letteratura assegnato a suo padre nel 1959. L’asta si terrà a Torino, alla Bolaffi, il 2 dicembre, da una base di 50mila euro ma si spera di arrivare a 100 o anche 150mila. Si tratta di una medaglia e un diploma. Inizialmente refrattario al colloquio, piano piano Alessandro Quasimodo si apre e accetta di rispondere alle domande in un lungo sfogo.

"La cosa che ho pensato è che mio padre il Nobel l’ha avuto, nessuno può più toglierglielo. Non sono più un bambino (ha 76 anni, ndr) e desidero che queste memorie abbiano una loro destinazione dignitosa, meglio se presso un’istituzione italiana piuttosto che straniera. Non sono un feticista, non passo il mio tempo ad ammirare e lustrare medaglie, sono cose che non mi interessano. In casa questi oggetti potrebbero essere rubati, se li metto in una cassetta di sicurezza a che servirebbero? Per il futuro dovrei lasciare l’incombenza agli eredi, e non mi sembra giusto".

Quale sarebbe la destinazione ideale, secondo lei?

"Sarebbe bello se finissero in Sicilia. Ho avuto dei contatti col presidente Crocetta che stimo molto. Spero che riesca a trovare i finanziamenti. In fondo la Sicilia cosa ha? Dopo Pirandello c’è mio padre, e un giorno spero anche ci sia Camilleri, uno scrittore che stimo molto. Ho letto la dichiarazione del ministro Franceschini, speriamo bene, se il ministero vuole partecipare all’asta è il benvenuto. Però col ministero ho già avuto molti contatti: si parla si parla e poi spariscono nel nulla. Ho custodito la riconoscenza del Nobel per anni e anni, tutto a mie spese. Quando volevo salvare lo studio di mio padre, in corso Garibaldi qui a Milano, ho interpellato il Comune, perché la casa era in affitto e nel tempo gli affitti della zona sono diventati impraticabili per me".

E quale è stata la risposta del Comune?

"Non solo non si è mosso, ma non mi ha nemmeno dato udienza. A Parigi c’è la casa di Victor Hugo, e qui? Controvoglia sono stato costretto a lasciare lo studio e con molta fatica ho comprato un appartamento per me".

La sua decisione è dettata anche da motivi economici?

"Ormai si trova tutto su Internet, basta schiacciare un bottone e si può leggere l’opera completa di mio padre, perché qualcuno dovrebbe comprare i libri Mondadori? I diritti d’autore sono ridotti al minimo. Sa quanto fruttano all’anno? Duemila euro, e io cosa dovrei fare con duemila euro? Ho ancora l’archivio personale di mio padre, mentre quello letterario era stato acquistato da Maria Corti. Ma allora si aveva ancora il senso della cultura, si era consci che la anche la cultura ha un valore. Maria Corti aveva fatto una sua valutazione e io l’ho accettata. Oggi invece... Ho avuto anche dei contatti con la casa americana che si è occupata della vendita del Premio Nobel alla Medicina di James Watson, venduto a 4 milioni di dollari, che poi era una cosa troppo grossa e così l’hanno restituita agli eredi. Ma nel mio caso non se ne è fatto nulla".

Mi risulta che la medaglia e l’attestato fossero già passati di mano. È vero?

"I poeti, cosa vuole, sono persone... Erano stati venduti a qualcuno che poi li aveva rivenduti... Nel 1998 li ho ricomprati io a prezzo di grandi sacrifici, a rate. Perciò il Premio Nobel è mio doppiamente. La cifra pagata allora equivale più o meno a quello che forse si riuscirà a prendere oggi".

Cosa risponde a chi la critica per questa decisione, asserendo, come ha detto lei, che “la cultura non si vende”?

"Chi vuole entrare nel merito della mia situazione attuale, chi vuole considerare le mie inesistenze economiche... ma si facciano i c... loro! Fanno i puri ma nelle tasche degli altri. Chi mi critica è lo stesso che poi si venderebbe anche la mamma".

Lei è un attore, diplomato al Piccolo, che ha frequentato i corsi di Lee Strasberg: fa ancora spettacoli?

"Certo. Di cosa vivo? Della mia arte. Faccio recital, teatro, convegni, faccio anche il regista, ma è sempre più difficile farsi pagare, soprattutto dalle amministrazioni. Non posso andare a vivere sotto i ponti. I benpensanti pensino ai fatti loro, per favore".