Giovedì 25 Aprile 2024

Quanto pesa la laurea

di Sofia Ventura

L’EMENDAMENTO approvato in commissione al ddl sulla Pubblica amministrazione su iniziativa del Pd Meloni e che stabilisce che nei concorsi pubblici si debba valutare il voto di laurea tenendo conto dei «fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato» pare di buon senso: non è forse condivisibile l’idea che il candidato sia giudicato anche sulla base della qualità dell’ateneo? Condivisibile, sì, ma ottenere dei parametri in grado di fornire una reale informazione sul valore sostanziale di un titolo di studio all’interno di un sistema generale di valutazioni è un’impresa ardua. Meloni, che ieri ha preso le distanze dal suo stesso emendamento, aveva inizialmente spiegato che il voto di laurea potrebbe essere pesato in rapporto al voto medio della Facoltà. Ma nelle Facoltà esistono diversi corsi di studio, e nei corsi diversi percorsi. Data questa eterogeneità, un voto medio non dice molto. Se poi si volessero introdurre altre valutazioni di qualità, sulla base di quali criteri? Già le attuali valutazioni, prevalentemente sulla ricerca, svolte dall’Anvur non sono esenti da critiche (si veda il sito roars.it). Chiediamoci in che modo sarebbe possibile arrivare a una valutazione che ci permetta di comparare in modo realistico le performance universitarie dei candidati. Più o meno la quadratura del cerchio.

E DI SOLITO gli inutili sforzi per far quadrare il cerchio si mettono in moto quando prevalgono un approccio formalistico alle politiche e l’idea che il buon senso richieda soprattutto immediata applicazione e non analisi, sperimentazione, riflessione. La qualità e il merito sono valori essenziali in una società, ma cercare di produrli e misurarli con un intricato sistema di norme che tutto prevede è velleitario. Sarebbero piuttosto necessari pazienza, competenza, approfondimento e uno spirito un po’ rivoluzionario: ad esempio immaginando una Pa più responsabile dove le modalità di reclutamento assomiglino di più a quelle del settore privato (magari non italiano), dove conti lo studio, non il titolo di studio, e l’amministrazione si assuma la responsabilità di una seria valutazione. Ma per questo ci vuole tempo, mentre in politica è diffusa la cattiva abitudine di esibire subito buone intenzioni e non farsi troppo domande su dove andranno a finire.

di Sofia Ventura