Olivia Posani
ROMA
PARLA

dei mercati, di quando stavamo per fare la fine della Grecia, della corsa per salvare l’Italia, di quanto ciò che occorre ora per permettere al Paese di tornare a crescere e della fretta con cui ancora una volta il suo governo dovrà agire. Non molla, Mario Monti. Napolitano gli ha affidato un compito durissimo e lui vuole andare fino in fondo. «Mi faccia la stessa domanda tra un anno» replica a un gionalista in vena di consuntivi. Dopo il decreto Salva-Italia, ora deve pensare al Cresci-Italia (il copyright è sempre suo). C’è una consapevolezza di fondo che muove le mosse del premier: «Non c’è tempo. Da quello che l’Italia riesce o non riesce a fare dipende l’economia mondiale».

UNA RESPONSABILITÀ

terribile, di cui non fa mistero nella conferenza stampa di fine anno, ma nessuna voglia di rimanere in pista una volta messo in sicurezza il Paese. Il premier ringrazia i partiti che lo sorreggono, spiega che tra i suoi compiti c’è anche quello di riavvicinare i cittadini alla politica, appare stupito quando gli si chiede se pensa al Qurinale: «Non mi risulta che esistano candidature e in ogni caso non penso minimamente a questo tema». E, parlando di un possibile ingresso di politici nell’esecutivo, aggiunge: «Non ho fatto nessuna riflessione su un qualche rimpasto, per usare questo orrendo termine».
Pensa solo alle prossime mosse: crescita, mercato del lavoro e liberalizzazioni da mettere a punto contemporaneamente per bilanciare le resistenze di Pdl e Pd, infrastrutture, ricerca, giustizia civile e, chissà, un intevento sullo stock del debito. «Non ci è dato lavorare con calma, l’Europa ci attende con ulteriori provvedimenti», spiega. Per questo vuole portare all’Eurogruppo e al consiglio europeo del 30 gennaio, una prima tranche che dimostri lo «sforzo intenso» che si vuole fare sulla concorrenza. Una seconda tranche arriverà a febbraio. Settimana dopo settimana, «andante con brio», magari anticipando il Piano nazionale di riforme atteso per aprile.

FINORA


ha dovuto dare attuazione agli impegni presi dal governo Berlusconi e alcuni economisti gli hanno rinfacciato di aver fatto una manovra recessiva. «Non è questo governo che ha sottoscritto quegli impegni — ricorda Monti — ma metterli in discussione, con i dubbi sulla nostra credibilità, sarebbe stato rovinoso». Certo, riconosce, «non è una manovra espansiva, ma non farla avrebbe prodotto una recessione esplosiva. Sono stato richiesto di fare una corsa da fermo, a ostacoli e con handicap». Poco dopo usa un’altra metafora: «Stavamo andando in direzione Sud-Est (verso la Grecia, ndr). Eravamo sull’orlo di un burrone senza parapetto, con forze che ci spingevano da dietro. Abbiamo puntato i piedi. C’erano molti avvoltoi, ma non siamo caduti, quindi non ci mangiano». Ora, ammonisce, «nessuno pensi che ci sarà un’altra manovra». Ora, passiamo «dall’atto dovuto, all’atto voluto».
Ma perché, nonostante tutti i sacrifici gli spread sono sempre intorno a quota 500? Monti mostra il grafico degli adamenti: «Dovevamo essere preoccupati quando saliva nonostante gli acquisti di titoli da parte della Bce, adesso ha un adamento frastagliato malgrado gli acquisti siano di fatto cessati». Il rialzo delle spread per me è stato sgradevole, ma è dipeso dalla grande delusione per i risultati del consiglio europeo del 9 dicembre: il Fondo salva stati manca di adeguatezza. Serve una risposta europea. Nei fondamentali della nostra economia non c’è nulla che giustifica un livello così alto».

«NON SIAMO


ancora dove vorremmo», dice, ma auspica un po’ di ottimismo. Sostiene di «condividere» la richiesta che fece lo scorso anno Berlusconi di un «bagno di ottimismo». Ma all’ex premier riserva anche una stoccata: «Disse che non sarebbe servita una manovra correttiva, mentre 5 si rivelarono necessarie e solo l’ultima porta la mia firma». Sacrifici dopo sacrifici, non porterannno a tensioni sociali? «Farò di tutto per evitarli. Sono consapevole che ho chiesto rinunce. Credo però che, pur nella insofferenza, ci sia grande comprensione dello sforzo comune per sconfiggere gli ingiusti pregiudizi e dare una Italia più degna a tutti noi. Abbiamo acciuffato la situazione per i capelli. Più siamo uniti prima il Paese uscirà dalla crisi».