Giovedì 18 Aprile 2024

Vitalizi dei parlamentari, la beffa. "Più soldi per gli eredi"

Assegno aumentato del 20 per cento

L’aula della Camera dei deputati  (Foto Lapresse)

L’aula della Camera dei deputati (Foto Lapresse)

Roma, 29 maggio 2017 - Potare gli assegni pensionistici delle generazioni De Mita-Fini-D’Alema: fatto, se la Consulta lo consente (e sarà tutto da vedere). Riavvicinare i trattamenti previdenziali futuri dei parlamentari italiani agli esiti e alle dinamiche dei dipendenti pubblici: fatto, ma con favorevole ritocco dell’assegno di reversibilità ai congiunti (se sprovvisti di altri mezzi).

La proposta di legge Pd che rivoluziona vitalizi e pensioni dei parlamentari italiani – con un risparmio decennale che il presidente Inps Tito Boeri calcola in almeno 760 milioni – scandisce passi marziali, semina qualche incertezza e alimenta il sospetto di un approdo ad altri decisori.

Il passaggio in Aula calendarizzato alla Camera mercoledì, a pochi giorni dall’approvazione in commissione Affari costituzionali del testo base appoggiato anche dal Movimento 5 Stelle, punta ad archiviare l’età dell’oro nei trattamenti previdenziali di onorevoli e senatori. E a consegnare al Senato (dove Pd e M5S da soli non fanno maggioranza) il testimone dell’offensiva ai cosiddetti ‘diritti acquisiti’. Quelli delle generazioni politiche con vitalizi esponenzialmente superiori ai versamenti. Nei casi limite, anche tremila euro al mese di quiescenza per un giorno di mandato.

Impossibile negare ambizione al percorso di riforma. Ma troppo generoso immaginare il traguardo, foss’anche un giorno prima di fine legislatura. Perché il campo è naturalmente minato. E le detonazioni sono dietro l’angolo.

Prova ne sia l’emergere dei primi malumori dopo l’ok in Commissione al testo base a prima firma di Matteo Richetti (avanguardia renziana) «per riconnettere sentimentalmente la politica e il Parlamento con i cittadini». Sintesi: i vitalizi (tutti) saranno aboliti. Le pensioni parlamentari saranno calcolate con il metodo contributivo da un’apposita gestione separata dell’Inps. Il diritto alla pensione sarà conseguito dopo almeno cinque anni di mandato al 65° anno di età. Gli assegni saranno vigorosamente sforbiciati.

Tutto bene? Sì e no, perché in un emendamento all’art. 13, proposto dalla deputata dem, orginaria di Reggio Emilia, Daniela Gasparini, spunta un regalino ai familiari destinatari di assegno di reversibilità. «In assenza di altri redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per i soli trattamenti in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, la misura della pensione di cui all’articolo 11 è aumentata del 20%». Tradotto, significa che il beneficiario della reversibilità senza redditi da lavoro dipendente/autonomo e d’impresa, rendite fondiarie e da capitale percepirà il 60% dell’importo come gli altri italiani: però maggiorato di un quinto.

Una contraddizione con lo spirito della riforma? «No – risponde l’onorevole Gasparini –. Solo la tutela di casi ben specificati, per evitare che i congiunti di parlamentari senza altro reddito finiscano a fare i giardinieri o le sguattere». «La misura vuole offrire sostegno a ipotetiche situazioni particolarmente gravose – spiega Richetti –. Esempio: congiunti (anziani o disabili) di parlamentari con un solo mandato la cui reversibilità precipitasse». Osserva Gasparini: «Il passaggio al contributivo porrà subito tutti i parlamentari pensionati (o i loro familiari) in una situazione di nessun privilegio».

 

I PRIMI a temerlo sono gli ex che in Parlamento non siedono più. Assegni da 5 a 6mila euro al mese, ‘maturati’ nell’era delle vacche grasse, subirebbero tagli clamorosi, da un terzo alla metà, se la riforma diventasse legge.

«Il testo Richetti è un obbrobrio – sintetizza Antonello Falomi, ex di Rifondazione comunista, presidente dell’Associazione degli ex parlamentari –. Che le norme per andare in pensione vigenti in una certa epoca possano essere cambiate retroattivamente rappresenta un duro colpo allo Stato di diritto. Nessun cittadino, nessun pensionato avrà più la certezza che i diritti che gli sono stati garantiti dalle leggi dello Stato saranno rispettati in futuro». Il vaticinio è drastico: «Si tratta di una legge palesemente incostituzionale che farà la fine di tante leggi-volantino fatte per guadagnare consenso e poi bocciate dalla Consulta».

Risponde Richetti: «È legittima ogni posizione. Se qualcuno mi indica dove la Costituzione protegge gli errori del passato ne prenderò atto. Il buon legislatore non tutela privilegi ai limiti della sopportabilità umana». Ma Beppe Grillo alza il tiro: «Votiamo il 10 settembre». Così, in questa legislaslatura, «niente vitalizi».