Trivelle, bufera sul maxi-sconto fiscale ai petrolieri

In manovrina spunta l'esenzione Imu, Ici e Tasi per 300 milioni. Contrari mezzo Pd e la sinistra

Carlo Calenda (NewPress)

Carlo Calenda (NewPress)

Roma, 21 aprile 2017 -  Trivelle, capitolo due. A un anno dal referendum sulla durata delle concessioni petrolifere che non raggiunse il quorum ma portò alle urne 15 milioni di italiani, la questione torna a incendiare la politica. Questa volta su due fronti diversi: il decreto del ministero dello Sviluppo che regolamenta le attività petrolifere entro le 12 miglia e la defiscalizzazione per le piattaforme presente nella manovrina, licenziata ‘salvo intese’ dal Consiglio dei ministri l’11 aprile e ancora oggetto di ‘limature’. Ed è, in particolare, sull’esenzione Ici, Imu e Tasi per le «costruzioni ubicate nel mare territoriale, in quanto non costituiscono fabbricati iscritti o iscrivibili al catasto dei fabbricati» che la sinistra di Mdp parte all’attacco del governo, chiedendo l’abrogazione della norma.

Una protesta appoggiata anche da un pezzo di Pd, con una lettera firmata da 17 deputati e indirizzata al premier, ai ministri dello Sviluppo e del Tesoro e alla sottosegretaria Boschi. I dem lo definiscono «un fatto grave e incomprensibile» che «regala oltre 300 milioni alle compagnie petrolifere a danno dei Comuni». Inoltre, la norma sarebbe in contrasto con la sentenza del 24 febbraio 2016 della Cassazione che riteneva le piattaforme petrolifere assoggettabili a Ici, Imu e Tasi, ponendo fine «ad una diatriba in corso da anni» tra Comuni, società petrolifere e Agenzia delle entrate.

Il ragionamento fatto da Palazzo Chigi è questo: «Se il legislatore ha previsto l’esenzione per i macchinari imbullonati, in quanto funzionali al processo produttivo, perché la stessa cosa non dovrebbe valere per impianti che sono in mare?». Una norma che anche la commissione Ambiente del Senato chiede di rivedere. Intanto, nell’ultima bozza circolata della manovrina, l’esenzione per le piattaforme petrolifere c’è e pare destinata a rimanere.

L’altro fronte, oggetto di una mozione trasversale (Si-Possibile–Al-Mdp) alla quale potrebbero aderire anche i grillini e qualche dem, è il decreto del Mise che disciplina le attività petrolifere nelle 12 miglia.

L’accusa al governo è di consentire la realizzazione di nuovi pozzi «con la scusa di dover realizzare attività funzionali alla coltivazione di giacimenti di idrocarburi già autorizzate, fino all’esaurimento degli stessi». Insomma, una norma «cavallo di Troia», secondo Serena Pellegrino (Si), membro della commissione Ambiente di Montecitorio. Accuse respinte al mittente dal Mise, secondo il quale, «si regolamentano solamente le attività già consentite dalla legge all’interno di queste aree». La previsione di possibili modifiche dei programmi di lavoro, ribadiscono dal ministero, è finalizzata a consentire sia interventi di manutenzione, sia la chiusura mineraria dei pozzi e la rimozione delle piattaforme.

Concetti che saranno ribaditi anche nella risposta che verrà data alla mozione. Già, perché l’intenzione, anche in questo caso, è di tirare dritto. Ma il fronte del No non demorde e, spiegano da Alternativa Libera, «il prossimo passo sarà una mozione di sfiducia individuale verso Calenda». Una grana in più per il ministro, che è già sotto il fuoco renziano.