Salvini a Napoli, De Magistris sotto accusa. Lui: "Sto con la città, non coi violenti"

L'ex pm fa il capopopolo e sfida il prefetto. Il ritratto: un po' grillino, un po' Totò e un po' Podemos. Tanti i nomignoli: da "Giggino 'o scassatore a Giggino 'a manetta"

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Roma, 12 marzo 2017 - Tra Matteo Salvini e i centri sociali preferisce i secondi. Il prefetto dice che il leader della Lega deve manifestare alla Mostra d’Oltremare? Lui sfida il prefetto e accusa lo Stato «di far prevalere un capriccio di Salvini». Parliamo di Luigi de Magistris, il sindaco di Napoli, che difende la sua città «con i denti e con la testa». Che attacca Salvini e i suoi «messaggi fascisti» e che fino a ieri mattina sembrava partecipasse al corteo anti-leader leghista. Invece ha dato forfait, ma c’era chi faceva le sue veci: la moglie, l’avvocato Mariateresa Dolce, alcuni assessori e il presidente del Consiglio comunale. Come dire: Salvini, qui, non può parlare. Una presa di posizione forte, contestata da destra e sinistra. Oggi, dal Lingotto, anche Matteo Renzi non gliel'ha fatta passare liscia, dicendo  che il Pd non può «fare alleanze con chi non accetta il principio di legalità in questo Paese. Quando un sindaco si schiera dalla parte di quelli che cercano di sfasciare la sua città non è da partito democratico, non si sfascia Napoli per un principio ideologico». Lo stesso Salvini, ringalluzzito dalla solidarietà bipartisan, ha liquidato il sindaco di Napoli come un «capo ultrà» che «deve ripagare i danni della  sua città». Pronta la replica di De Magistris che, via Facebook, ha risposto all'ex premier e al leader del Carroccio: «Renzi e Salvini dicono che sto con i violenti. Falso. Non sto con i violenti. Mai. Le mie mani sono pulite e non colluse. Sto con la mia città, che amo e difenderò sempre, e con i napoletani, popolo difficile ma ricco di pace e amore, sto con il popolo tradito dai poteri con le mani sporche di sangue. Sto con le vittime degli atti di violenza. Non me la faccio con chi è accusato di corruzione come fa Renzi, travolto dalla questione morale, né sto con razzisti come Salvini».

Salvini a Napoli: "Centri sociali conigli contro la camorra, forse ci campano"

Ma al di là della polemica politica, che de Magistris si schieri con la piazza contro il potente di turno non è una novità. E, se nella sua città arriva Salvini che «diceva Napoli colera», fa ancora più il Masaniello. D’altra parte, politicamente, un po’ gli conviene. Il suo movimento, Dema, punta a scalzare Vincenzo De Luca nel 2020. Non a caso, il governatore campano, ieri dal Lingotto, dal sindaco capopopolo ha preso le distanze: «Salvini aveva il diritto di parlare».  Insomma, come avrebbe cantato Pino Daniele: «Masanielle è crisciuto, Masanielle è turnato». E se lo accusano di essere populista se ne infischia. Del resto, lui sul popolo si gioca tutto. In campagna elettorale, ad esempio, si definiva «sindaco di strada» e invocava «potere al popolo». La sua Napoli – scriveva su Twitter nell’ottobre scorso – è una «città rifugio, che accoglie. Città ribelle. Paradiso e Inferno. Passione e Amore». 

NAPOLI_21207456_154517 E De Magistris è un po’ come la sua Napoli. Accoglie, ma finché non arriva Salvini nella sua città. È ribelle. Paradiso e Inferno. Passione e Amore. Ex pm, che viene da una famiglia di toghe (lo era pure il bisnonno Alfonso, magistrato già nel 1860), mollò i palazzi di Giustizia nel 2008. Dopo inchieste di peso come Poseidone e Why not, lasciò in maniera plateale, attaccando il modello «castale» del «magistrato burocrate». Sarà anche per questo che, nel 2013, una volta decaduto da sindaco perché condannato, come previsto dalla legge Severino, ha deciso di scendere in piazza, re-inventandosi «sindaco di strada». Ma de Magistris è molto di più. Un po’ grillino, un po’ Pablo Igleasias, il leader spagnolo di Podemos, un po’ Totò, con una dose di ribellismo partenopeo. I «Napoletanos» sintetizzò. Difficile incasellarlo in un’unica categoria. I nomignoli, come elencò Aldo Grasso, parlano da soli: «Giggino ’a manetta» (il magistrato che incarcerava), «Giggino ’o scassatore» (rottamatore), «Giggino ’a promessa», «Giggino ’o factotum» (quando avocò a sé diciotto deleghe). Le sue espressioni colorite aiutano. Da «abbiamo scassato» (2001, prima elezione a sindaco di Napoli, festa con addosso una vistosa bandana arancione) a «Renzi devi cagarti sotto» (2016, campagna elettorale).  Sarà per il suo antirenzismo, per il passato in toga o il comune amore per Che Guevara, che un altro magistrato (in aspettativa) Michele Emiliano, candidato Pd al congresso, ieri con Dema ha fatto un selfie. Quasi scontato il sostegno: «Salvini provoca, se non arrivava era meglio. Giusto protestare». 

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