Mercoledì 24 Aprile 2024

Renzi, il piano B: nuovo Pd e sostegno a Gentiloni

L'alternativa dell'ex premier al "voto subito". Il segretario prepara il 'Manifesto del nuovo Partito' e difende l’Italicum

Matteo Renzi, elezioni subito. Oppure c'è il piano B (Ansa)

Matteo Renzi, elezioni subito. Oppure c'è il piano B (Ansa)

Roma, 15 gennaio 2017 - Matteo Renzi ha un piano A (vedi alla voce: «Elezioni subito»). Ma ha anche il piano B che ogni leader ha sempre nel cassetto? Sì, ce l’ha. I renziani di stretta osservanza si rifiutano persino di prendere in considerazione l’idea, figurarsi lui: «Dobbiamo prepararci al voto – spiegava ieri a chi lo ha sentito – e io cercherò l’accordo con chi ci sta, sulla legge elettorale. Per me il Mattarellum resta il sistema migliore, se cade il ballottaggio previsto dall’Italicum. Io non parto per forza dall’accordo con FI, mi sta bene pure con Lega e M5S. Vedremo con chi, ma il mio orizzonte resta sempre quello, il voto».

Eppure, il piano B c’è e qualcuno inizia a pensarci, tra i suoi (il ministro Lotti) e qualcuno (Richetti) inizia a suggerirglielo, pur sapendo che rischia di incorrere nella sua «ira funesta». Del resto, quando glielo hanno proposto Dario Franceschini e Andrea Orlando sono stati subito catalogati alla voce «finti amici interni».

UN RENZI tornato tonico, riflessivo, studioso, che non rifiuta affatto il piano B. Oggi, su Repubblica, alla domanda sul voto subito, l’ex premier risponde: «Mi è assolutamente indifferente. Io non ho fretta, decidiamo quel che serve all’Italia, senza ansie ma anche senza replicare il 2013 dove abbiamo pagato un tributo elettorale al senso di responsabilità del Pd».

Il segretario è entrato nella fase dell’ascolto «di tutti». Ha persino chiesto una «stanza più grande» in un Nazareno che non ha mai amato né frequentato (la sua a volte la usava Guerini), cerca casa a Roma (dormiva a palazzo Chigi o in albergo) e prepara il «manifesto del nuovo Pd», un «partito nuovo, più che un nuovo partito», scherza un ex dc parlando come un ex Pci: nuova segreteria, pronta a giorni, appuntamenti nei territori, mobilitazione dei circoli, radicamento, strutture, più tessere («non è vero che sono in calo», giura Guerini).

E se non arrivano le elezioni a giugno, e ci sarà tanta palude da affrontare (il piano B, appunto), tanto radicamento torna utile. Anche per affrontare due sventure. La prima: il governo Gentiloni dura e, a quel punto, bisogna sostenerlo, e con convinzione. Per esempio elaborando, grazie a Taddei e Nannicini, un programma di riforme economiche (fisco, imprese, tasse, infrastrutture, pensioni, povertà) «che risponda al desiderio di cambiamento e modernizzazione del popolo del Sì», dicono al Nazareno. Non sarà facile, considerando che a ottobre verrà scritta una legge di Stabilità «lacrime e sangue».

LA SECONDA sventura è il congresso del Pd, non più rimandabile, con gli avversari che vengon fuori uno a uno, prendono coraggio, si alleano, lo sfidano per il trono. Renzi può e deve vincerlo lo stesso, il congresso, certo, ma non sarebbe impresa facile né semplice. Ecco perché, date le due sventure, il piano B, per ora, è nel cassetto. Squadernato sul tavolo c’è il piano A. Attendere la sentenza della Consulta sull’Italicum nella speranza che sia «autoapplicativa» e, anche se non lo sarà, fare fretta al Parlamento per scrivere la nuova legge elettorale. Unico interlocutore possibile Berlusconi secondo il già ribattezzato «il patto del Diavolo».

La nuova legge elettorale – un Italicum ‘mascherato’, un sistema che finge di essere un proporzionale, ma che in realtà ha forti (se non massicce) dosi di maggioritario – Renzi vuole farla approvare a un Parlamento riottoso «in due mesi al massimo». Ecco, del piano A, in cui Renzi continua a credere, il vero, grande, avversario, in fondo, è uno solo: non il Parlamento, la Consulta, Mattarella o i nemici interni al Pd, ma il Fattore Tempo.