Giovedì 18 Aprile 2024

Renzi e la lezione Macron: "Si vince al centro"

Affluenza alle primarie: "È un falso problema. Se ai gazebo andrà solo un milione di persone va bene lo stesso"

Matteo Renzi (ImagoE)

Matteo Renzi (ImagoE)

Roma, 25 aprile 2017 - Matteo Renzi, i grandi partiti francesi si sono sbriciolati, vincono i candidati nuovi o quelli più estremisti. Sorpreso?

«No, era il risultato atteso. Ma credo che se Fillon non fosse stato azzoppato dagli scandali e se Hollande non avesse annunciato un po’ frettolosamente il suo ritiro, oggi staremmo commentando un altro film».

Dalla Francia l’Italia può trarre una qualche lezione?

«La lezione è chiara: vince chi è un grado di rinnovarsi e soprattutto si vince al centro. Ancora ricordo i discorsi fatti dagli amici scissionisti come Speranza all’ultima Direzione: mi accusavano di aver snaturato il Pd e di aver scelto il centrista Macron anziché il socialista Hamon. Spero che dopo aver visto i risultati del primo turno si siano resi conto dell’errore».

Lei che cosa crede di avere in comune con Macron?

«L’età, anch’io andai al governo a 39 anni. Per il resto, lui è più giovane e più bello di me, e soprattutto lui in queste ore è in corsa per la presidenza francese mentre io sto puntando alla guida del Pd italiano».

Si sente spesso dire che la distinzione tra destra e sinistra non ha più senso, concorda?

«No, credo che l’abbia. A non aver più senso sono i partiti socialisti europei così come li abbiamo conosciuti il secolo scorso. Con tutti i suoi limiti, e nonostante le continue polemiche interne, mi pare che il Partito democratico sia una felice eccezione: nessuno nei sondaggi è forte come noi».

Non teme che l’europeista Macron finirà per allinearsi alla Germania come fece Hollande?

«Lo conosco, ci siamo parlati diverse volte, non è affatto supino all’Europa tecnocratica. Macron è il primo a dire che le cose vanno cambiate».

Lo dicono tutti, ma non cambia mai nulla.

«Vedremo. Il Pd chiederà con forza una politica comune di difesa, gli eurobond, l’elezione diretta del presidente europeo e la fine del fiscal compact. E niente fondi ai Paesi che non accolgono i migranti. La mia campagna per le primarie la chiudo a Bruxelles appositamente».

Crede che sul fiscal compact Macron farà altrettanto?

«Posso dirle quel che il Pd proporrà che faccia l’Italia: a dicembre scadranno i termini per inserire il fiscal compact nei trattati, e noi porremo il veto. Quanto alla Francia, in effetti non rispetta né il fiscal compact né i parametri di Maastricht».

Il sistema elettorale francese per noi è una chimera. Dica la verità, è rassegnato a votare col proporzionale?

«Il Pd è pronto a cambiare sistema anche subito, ma con chi? I Cinque stelle dicono di voler abolire i capilista bloccati, ma bluffano: come dimostra il caso Genova, senza capilista bloccati Grillo non riuscirebbe a far eleggere neanche uno dei suoi fedelissimi».

Forza Italia e centristi chiedono un premio di maggioranza per la coalizione.

«Sarei d’accordo se ci fosse il maggioritario, ma col proporzionale non avrebbe senso: le alleanze si fanno in Parlamento».

Sarà dunque fatale accordarsi con Berlusconi?

«Non c’è niente di fatale. Certo: se resta il proporzionale e non ci sarà un vincitore chiaro, sarà il Parlamento a decidere. E la colpa sa di chi è?».

Di chi è la colpa?

«Di quelle forze e quei leader politici che fingevano di non sapere che la sconfitta del referendum avrebbe prodotto il caos. Li ricordo bene quelli che dicevano che in sei mesi avremmo potuto riformare il Senato e fare anche la legge elettorale: era una bugia, adesso sta venendo fuori finalmente!».

Fitch ci ha appena declassati, se dalle urne non uscirà un governo stabile i mercati ci salteranno alla gola?

«No, l’instabilità politica fa sussultare i mercati alla fine delle legislature, non all’inizio. E comunque non intendo farmi dettare l’agenda dalle agenzie di rating...».

Alle scorse primarie del Pd votarono quasi 3 milioni di italiani, qual è la soglia sopra la quale canterà vittoria?

«Canteremo vittoria quando vinceremo. Questo dell’affluenza è un falso problema. Diamoci una tregua, evitiamo il masochismo: in democrazia decide chi vota. Punto. Se andrà a votare un milione di persone va bene lo stesso. Poi, certo, anch’io auspico una partecipazione alta, ma se così non sarà questo non cambierà il valore delle primarie. Conto molto sulla partecipazione di Emilia Romagna e Toscana».

Nei giorni scorsi ha tenuto banco la polemica sul tentativo di depotenziare l’Anac di Cantone. Chi ha scritto la norma contestata?

«Guardi che non c’è nessun giallo. La decisione era stata presa dal Consiglio dei ministri, che ne ha poi valutato più attentamente le implicazioni e ha corretto la posizione. Niente di strano, cose che succedono. Mi fa però piacere vedere che i Cinque stelle abbiano difeso, sia pure a loro insaputa, una norma varata dal mio governo...».

Gli sbarchi dei migranti sono in crescita, crede anche lei che qualche Ong ci stia marciando?

«Io mi fido delle istituzioni. Vedo che una procura, una commissione parlamentare e il ministro dell’Interno dicono che occorre stare molto attenti, e sto dalla loro parte. L’immigrazione non può essere un business, accoglienza e rispetto delle regole devono procedere di pari passo. Detto questo, le parole di Di Maio sono, come spesso gli capita, false».

Di Maio ha solo fatto propri i dubbi sollevati della procura di Catania.

«No, Di Maio ha generalizzato, e questo è inammissibile. Non fa piacere vedere un politico strumentalizzare la carica istituzionale che ricopre».

A Firenze non si placa la polemica sulla costruzione di una nuova moschea...

«Sono convinto che in una grande città debba esserci una moschea, ma credo che per motivi giuridici e storici il posto migliore non sia quello individuato. Il governo ha consegnato la caserma dei Lupi di Toscana a Firenze ma non per farci la moschea. Ho parlato con il sindaco Nardella e mi pare orientato a indicare un sito diverso. Dario è un sindaco molto bravo, ricco di intelligenza e fantasia: sono certo che troverà un’altra soluzione più convincente».

Renzi, da quattro mesi lei è senza stipendio: come fa a campare, chi le paga le spese?

«Intanto, rivendico di essere stato l’unico a lasciare il Palazzo senza indennità, senza immunità e senza vitalizio. Campo con l’anticipo ottenuto per la pubblicazione del libro che uscirà a maggio, e nei prossimi mesi farò un po’ di attività privata».

Ovvero?

«Glielo dirò quando sarà ufficiale. Intanto corro per le primarie da libero cittadino. Mi sono dimesso da tutto e ho ricominciato da zero. Ma l’affetto delle persone che mi stanno vicino è commovente. E mi dice che non dobbiamo stancarci di provare a cambiare l’Italia».