Venerdì 19 Aprile 2024

Il referendum spacca i partiti. Renzi: "Siamo in vantaggio"

Cassazione, ok al quesito. Il leader Pd: "al voto il 20 o 27 novembre

Matteo Renzi

Matteo Renzi

Roma, 9 agosto 2016 - Pd (già) spaccato, opposizioni (già) ognuna per conto suo. È lo score o tabellone del referendum costituzionale al primo giorno di una gara che sarà assai poco ‘olimpica’. 

La Corte di Cassazione ieri ha dato il via libera ufficiale alla raccolta firme avviata dai Comitati del Sì per il referendum sulla riforma costituzionale. Per ora la vittoria, ai punti, è dei comitati del Sì: 550mila firme raccolte e 3mila comitati locali, coordinati dal senatore dem, ex scout, Roberto Cociancich. Il che vuol dire avere diritto per legge a 550mila euro di rimborsi, più 88mila raccolti finora dai privati. Per contro ci sono le 316mila firme raccolte dal comitato principale del No, quello dei ‘professori’ Zagrebelsky, Pace e Rodotà (vicepresidente operativo l’ex Pds-Ds Alfiero Grandi, sostegno operativo di Sel-SI, Anpi, Fatto e Manifesto) che ha mancato di oltre 200mila firme l’obiettivo e che, perciò, non intascherà un euro, tranne i contributi volontari. Le tante opposizioni a Renzi e alla sua riforma, poi, si sono divise in troppi fronti del No: c’è la sinistra di cui sopra; Forza Italia è assai light, sul tema, tranne Brunetta e Toti, attivissimi; i Fratelli d’Italia sono i più ironici con il loro "No, Grazie"; i pentastellati sono divisi tra Di Battista che batte in moto le spiagge italiche per dire No e un Di Maio assai poco entusiasta di occuparsene; ex-Ncd, ex Udc, ex FI e altri rami minori del centrodestra che si disputano comitati, proessoroni (e -ini) e sponsor.

L’unica richiesta che li unisce è che il governo fissi, "e subito", una "data certa" al referendum. Il primo cdm utile per convocare le urne sarebbe il 10 agosto, ma Renzi aspetterà fino all’11 settembre: infatti, solo allora potrà celebrare il referendum il 20 o il 27 novembre (si può arrivare a 60 giorni per indire, ne servono 50/70 per celebrare).

Nel centrosinistra, i giochi paiono già fatti. La minoranza si sta schierando, per una volta compatta e con grande anticipo sui tempi, sul No (dopo Gotor, Zoggia, Speranza, Cuperlo, manca solo il 'No' di Bersani...): la motivazione è che non c’è un reale impegno di Renzi e del Pd a voler cambiare l’Italicum, secondo il teorema dei nefasti effetti del «combinato disposto» legge elettorale-referendum. E, in effetti, Renzi evita di parlarne né lo farà prima del 4 ottobre, quando si riunirà la Consulta per il primo giudizio di legittimità sull’Italicum. Se verrà bocciato, anche solo in parte, Renzi annuncerà la volontà di modificarlo senza dover, per questo, perdere la faccia, ma per necessità. Se l’Italicum passerà l’esame indenne, fino al referendum (e oltre) Renzi ci metterà una pietra sopra.

Gli alleati minori del Pd (Ncd, Ala-Sc, Psi-laici, etc.) si è impegnato per il Sì con comitati autonomi. Pezzi di maggioranza che co-gestiscono, con Renzi, il Pd (Franceschini, Orfini, Orlando, Martina) si stanno già preparando al "dopo" Renzi ove mai il premier dovesse perdere. Garantiscono lealtà nella battaglia per il Sì, ma hanno idee assai diverse da Renzi sul partito e non vedono l’ora di riprenderselo.    E il premier? Tra un tweet di gioia ("Adesso possiamo dirlo, questo il referendum degli italiani") e una E-news di puntualizzazioni ("Per vincere il referendum basta entrare nel merito, la legge elettorale non c’entra"), finge di non accorgersi dell’ultima querelle sollevata dalle opposizioni, quella sulla data del referendum, ma sa che è decisiva: punta al 20 o 27 di novembre. Tre i motivi. Sfruttare, per tre mesi pieni, la maggiore potenza di fuoco mediatica di governo e Pd. Due, varare e approvare la Legge di Stabilità, in almeno uno dei due rami del Parlamento per dispiegarne i benefici effetti sull’opinione pubblica prima del voto e per tranquillizzare Mattarella. Tre, se venisse sconfitto al referendum e si dimettesse, come promesso, da premier, Renzi vuole accorciare al massimo i tempi di un possibile governo di scopo in mani altrui, ma che potrebbe nascere solo con i voti decisivi di un Pd di cui vuole restare segretario. E si sa, il tempo, in politica, è tutto