Venerdì 19 Aprile 2024

Referendum, i flussi elettorali. Dove sono andati i voti Pd

I dati dell'Istituto Cattaneo: boom di elettori, è stato un voto politico

Referendum, una manifestazione a sostegno del No (Olycom)

Referendum, una manifestazione a sostegno del No (Olycom)

Roma, 6 dicembre 2016 - Il referendum costituzionale che ha segnato la caduta di Matteo Renzi fotografa «l’orientamento degli elettori a votare sempre e comunque «contro il governo in carica». Non solo nelle elezioni politiche (incluse le amministrative), ma anche nelle consultazioni referendarie. Lo certifica l’Istituto Cattaneo. In assenza di percepibili vie d’uscita alla «crisi economico-sociale», il voto anti-establishment sfrutta ogni occasione per giudicare chi governa. «Anche un referendum costituzionale – annotano i curatori – può così facilmente trasformarsi in referendum sociale». Lezione da tenere a mente dopo i casi Brexit e Renxit, diversi nei contenuti ma certamente paragonabili negli esiti di vorticosa ribellione dal basso. L’analisi comparata dei flussi di voto tra elezioni politiche 2013 – le prime ad esprimere uno scenario tripolare – e referendum costituzionale genera riflessioni interessanti per tutte le forze politiche che hanno lavorato per canalizzare il Sì o il No.

LA PRIMA osservazione riguarda la saldezza e affidabilità dei rispettivi elettorati. Mentre i simpatizzanti di Pd e Forza Italia – eredi di un bipolarismo che non c’è più – inequivocabilmente «si frammentano» e si riposizionano, quando addirittura non «si sfaldano», l’unica base a rivelarsi di «compattezza granitica» è quella del Movimento 5 Stelle: trascurabili le astensioni, marginali i tradimenti, eccezionale la corrispondenza – pari al 90% – tra voto politico 2013 e adesioni al No referendario. Fallito il tentativo del premier di drenare il voto grillino.

TRA i vincitori ‘politici’ della tornata certamente figura il centrodestra berlusconiano, ma l’esame dei flussi consegna un quadro magmatico e per nulla incoraggiante. Nelle dodici città campione (nel grafico sopra, le nove principali, ndr ), l’invito al No di Silvio Berlusconi è stato seguito (in media) da poco più della metà dei votanti di Forza Italia nel 2013. Poderose le astensioni (comprese tra il 13% al 31%), sorprendenti i rifiuti: tralasciando Firenze – la città di Renzi – dove il 44% degli elettori azzurri ha votato Sì, anche a Bologna (41,9%) e Brescia (36,9%) le sirene renziane hanno trovato timpani sensibili. Palermo (solo 9% di Sì) la città più fedele al Cav.

QUEL CHE il Pd renziano ha totalizzato tra gli elettori berlusconiani, e soprattutto tra i centristi che nel 2013 si erano espressi per Mario Monti (a parte l’ex premier bocconiano e una minoranza di contrari, tutti a favore del Sì), non è tuttavia bastato a compensare la diaspora interna dei bersaniani e dalemiani, compattamente schierati per il No. In media un elettore dem su quattro (più che nelle previsioni) ha negato il suo consenso al premier, con punte del 33% a Torino (città 5 Stelle) e del 45% a Cagliari. Un dato sui cui riflettere in vista del congresso Pd. Renzi ha anche pagato dazio al basso tasso di partecipazione al Sud, dove il quesito costituzionale non ha scaldato platee più affezionate ad altre votazioni.

SE complessivamente i voti totali riportati da Sì (40,9%) e No (59,1%) ricalcano il peso dei rispettivi schieramenti, il No è andato oltre i valori di riferimento «in quasi tutte le province meridionali, nelle isole e nel Nordest». Viceversa, pur prevalendo quasi ovunque – salvo in Trentino-Alto Adige, Toscana ed Emilia dove ha vinto il Sì – , il No ha sottoperformato i partiti di riferimento in quasi tutte le province del Centro Italia, ma anche in Liguria, Lombardia e Molise. In testa alla partecipazione referendaria il Veneto (76,7%), seguito da Emilia (75,9%) e Toscana (74,5%). Campania (58,9%), Sicilia (56,7%) e Calabria (54,4%) le regioni più distratte ma pur sempre con oltre la metà degli elettori ai seggi.

L’alta affluenza alle urne, superiore ai referendum 2011 e 2006 e di poco inferiore alle politiche 2013, rivela un voto fortemente politico che rimescola le carte di quasi tutti i partiti e toglie ogni barriera alle ambizioni 5 Stelle.