Giovedì 18 Aprile 2024

Prodi e Berlusconi sul ring. Il futuro è 20 anni indietro

Tocca a loro riunire i due poli (e fermare i grillini)

Silvio Berlusconi e Romano Prodi

Silvio Berlusconi e Romano Prodi

Roma, 21 novembre 2017 - Dunque, Berlusconi è risorto. Annuncia valorosi ministri tecnici, pensioni minime a mille euro, più cure per gli anziani, aiuti alle casalinghe, un ministero per la terza età. E il tempo gli ha portato una saggezza che non ne cambia lo spirito, e lo porta a dialogare con tutti.  La sua idea di centro-destra è quella di un partito del buon senso, sempre più largo. Immagina così, agli alleati tradizionali, di aggiungere i nostalgici di un’Italia democristiana, ragionevole, realista. Riabilita i valori laici che un tempo si rispecchiavano nel partito socialista, nel partito repubblicano, nel partito liberale, mondi sopiti ma non scomparsi, e ne cerca i testimoni attuali rigenerati in un fervido “Rinascimento”. Vedo che ne è convinto, e la prova siciliana, dove queste identità si sono rivelate, gli ha dato ragione.  La ragionevolezza ha superato i litigi; talvolta mancano gli uomini, ma non gli animali, che gli amministra Maria Vittoria Brambilla. Mostra attenzione per gli ex montiani, per i dissidenti leghisti di Tosi, e per i dissidenti forzisti di Fitto. È ecumenico. Ha trovato anche un finanziatore per la campagna elettorale: Veronica Lario. Il centro destra si rigenera in armonia, fortificando il centro. 

Visto il risultato, si allena a bordo campo un altro grande vecchio: Romano Prodi. Il suo obiettivo è lo stesso: rimettere insieme i componenti del centro-sinistra. Un’impresa più difficile, dopo la dissennatezza del vincitore morale delle elezioni politiche: Pierluigi, che pensò’ bene di tentare l’abbraccio mortale con i grillini e ne uscì stordito, ubriaco, come chi avesse tentato di smacchiare i leopardi credendo di pettinare le bambole. Bersani, tentò una difficile convivenza con Renzi. Ma furono, da subito, separati in casa. Ne uscì cacciato da casa, assistendo, impotente, a primarie altrui per trovarsi nel difficile ruolo di mettere infissi al Colosseo. Così il suo principale nemico divenne il suo stesso partito: il Pd. Bersani è la prima clamorosa vittima di Grillo. 

Venne poi l’ora di Pisapia, un uomo fragile e turbato, con un compito più grande di lui e una totale inconsuetudine al potere. Minando il suo fratello minore Civati che si assestò sul ‘Possibile’, Pisapia puntò all’ «insieme», scalpitando su un vagheggiato «campo progressista». Pisapia era una riedizione di Gianni Cuperlo che, per contrapporsi al Pd, si iscrisse al Pd. Uomo gentile e civile, Cuperlo era stato, per sua ammissione, letteralmente vittima di un taxista che, in occasione delle primarie del 2013 lo salutò con grande fervore e gli disse: «Io sto dalla sua parte, caro Civati». Da quella crisi di identità si intende il suo destino. Questo starsene fuori, rimanendo dentro, è sembrata una chiave anche ai Boccia, agli Errani, agli Orlando, titolari di correnti neanche troppo agitate. Al genere della caricatura (o della burla) appartiene invece Emiliano, che guidò la sommossa per la secessione e, quando tutti uscirono, rimase dentro. «Armiamoci e partite». Di fronte a questi ambiziosi nani, Renzi giganteggia.

E però irrita, ah quanto irrita! Dopo la disfatta siciliana, non essendo facile abbatterlo, né sostituirlo con qualcuno dei fantasmi sopra ricordati, fu gioco forza riesumare dal suo sarcofago Romano Prodi.  E Prodi, come un vecchio primario chiamato per una difficilissima operazione chirurgica, inizialmente se ne chiamò fuori,r itenendo il malato incurabile. Una cosa è un’operazione difficile, un’altra è un miracolo. 

Prodi è un buon cristiano, ma non un santo. D’altra parte, per gli ex comunisti, l’appello a Dio potrebbe apparire una sconfitta. Una cosa è la Democrazia cristiana, una cosa è Dio. A Berlusconi resta il simulacro di don Sturzo. Prodi non può agitare né Gramsci né Berlinguer che non vorrebbero mai essere confusi con Renzi, Bersani, Pisapia e Civati. Un mondo senza identità.  Così, mentre Prodi deve tentare un’operazione simmetrica rispetto a quella di Berlusconi, scopre che il piacentino (e padano) Bersani è più selvatico di Salvini e Fratoianni è più fanatico della Meloni. Non c’è Speranza. Difficilissima è la distribuzione di quote per i collegi uninominali, e sarà facile che la missione da «possibile» (uno dei marchi) si faccia «impossibile». D’Alema ha un obiettivo più semplice: «uccidere Renzi». Prodi dunque ha davanti un’impresa disperata. 

Ma una cosa è certa: che questa volta il suo nemico non sarà Berlusconi. Comunque vada a finire saranno costretti alle più larghe intese. E se dovesse vincere uno, l’altro dovrà stare con lui per arginare le debordanti Cinque stelle. Così uno dei due sarà l’Alfano dell’altro, mentre Alfano sparirà. Ed è ingiusto: perché, pur odiandolo, era in fondo l’unico che Prodi avrebbe trovato disponibile ad allearsi con Renzi.