Venerdì 19 Aprile 2024

Pensioni, la carta segreta del governo. "Non conta più l'aspettativa di vita"

L'ipotesi allo studio: dal 2021 limite massimo di uscita a 67 anni

pensioni

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ROMA, 15 luglio 2016 -  STOP all’aumento dell’età pensionabile collegata all’incremento dell’aspettativa di vita. E così i giovani (ma anche i quarantenni di oggi) non correranno più il rischio di dover andare in pensione a 70 anni. Il nuovo limite massimo (che scatterà dal 2021) dovrebbe essere di 67 anni. È questa la carta, tenuta assolutamente riservata, che il governo dovrebbe calare (ma non è detto già oggi al tavolo del confronto con i sindacati) in vista della definizione del pacchetto pensioni per la legge di Stabilità.

NON SOLO , dunque, flessibilità in uscita a base di Ape, il prestito in cantiere per anticipare la pensione. Il dossier previdenza al quale stanno lavorando il sottosegretario alla Presidenza Tommaso Nannicini e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti contempla un menù di interventi ben più ampio. Un menù ancora segreto, affidato alle valutazioni dei tecnici dell’Inps e della Ragioneria generale dello Stato per una stima dei costi delle singole operazioni e dell’intero set di aggiustamenti. In questo ambito, una delle innovazioni più rilevanti (e clamorose) è quella che riguarda la possibile abolizione del meccanismo che lega l’età pensionabile e l’anzianità contributiva (il numero di anni di versamenti) alla speranza di vita calcolata dall’Istat. Il nesso è stato introdotto in Italia per la prima volta nel 2009 e perfezionato nel 2010 sulla base di provvedimenti proposti dai ministri dell’Economia e del Lavoro di allora, Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi. Ma se non ci fosse stata la riforma Fornero, non ci saremmo accorti o quasi dell’azione della formula. Ad amplificarne la portata è stato il riassetto pensionistico del governo Monti che ha spinto in avanti età e condizioni a prescindere dal congegno indicato e, insieme, ha, però, anche modificato il funzionamento di quest’ultimo. L’effetto combinato è stato potente e ancora di più lo sarà in futuro.

IL SISTEMA prevede, infatti, che a cominciare dal 2013, ogni tre anni (e poi ogni due dal 2019), l’età pensionabile, insieme con gli altri requisiti, dovrà essere adeguata all’aumento della speranza di vita come stimato dall’Istat sulla base della media del triennio precedente. Questo vuol dire che se l’Istat stabilirà che si vive più a lungo in media di x mesi, più o meno automaticamente l’età di pensionamento per vecchiaia (oltre che gli altri requisiti), verrà incrementata proporzionalmente. Il primo adeguamento è scattato dal primo gennaio 2013 ed è stato di 3 mesi. Il secondo, invece, è arrivato a inizio del 2016: l’incremento è stato di ben 4 mesi. In totale, fino a oggi, siamo già a 7 mesi di aumento. Tanto che, per questa ragione, l’età pensionabile per il pensionamento di vecchiaia è a quota 66 anni e sette mesi per tutti (un anno in meno per le lavoratrici del privato, ma dal 2018 sarà alla stessa soglia anche per loro). E, ugualmente, l’anzianità contributiva richiesta per il pensionamento anticipato è di 41 (donne) e 42 (uomini) anni e dieci mesi.

IL PROSSIMO appuntamento con la speranza di vita doveva essere nel 2019. E poi ancora nel 2021, 2023, 2025, 2027, 2029… Il risultato? Nel giro di qualche decennio saremmo saliti a 67 (dal 2019), e dopo a 68, 69 e 70 come età minima per la pensione. Se, invece, il collegamento verrà cancellato o sospeso, i requisiti dovrebbero rimanere inalterati a oggi almeno fino al 2021, quando, secondo la previsione della Fornero, l’età minima dovrà essere comunque fissata a 67 anni. Ma a questa soglia saremmo arrivati già dal 2019 con il congegno della speranza di vita. E da lì sarebbe ripartita la corsa verso i 70. Bloccati a 41 e 42 anni e dieci mesi anche i requisiti per la pensione cosiddetta anticipata. Tutto questo sempre che l’operazione non venga bloccata dalla Ragioneria e dall’Inps.