Giovedì 18 Aprile 2024

Pd, manovra a tenaglia contro Renzi

Orlando e Franceschini pronti a mettere in minoranza il segretario nei gruppi

Matteo Renzi (LaPresse)

Matteo Renzi (LaPresse)

Roma, 30 luglio 2017 - Ieri di Matteo Renzi hanno fatto scalpore due uscite a freddo su temi di cui, di solito, non ama parlare: le correnti del Pd e la legge elettorale. Sulle correnti Renzi ha rivendicato la leadership guadagnata con le primarie: «Alla guida del partito mi hanno messo due milioni di persone. Sono libero rispetto alle dinamiche interne». E anche su chi siederà a palazzo Chigi, dopo le prossime elezioni, Renzi ha avvertito: «Lo decideranno gli italiani». Con quale legge elettorale si voterà ancora non si sa, ma assicura che quello sul premio alla coalizione «è un dibattito assurdo, il premio c’è già al Senato e il Mattarellum lo prevede comunque, un premio». Il discorso di Renzi ha un senso perché alle orecchie del leader dem è arrivata la manovra dei suoi avversari interni.

A settembre, infatti, il centrodestra unito proporrà sì il ritorno al sistema tedesco, arenatosi alla Camera, ma con soglie di sbarramento più basse e, soprattutto, col premio alla coalizione. E, di sistema «simil tedesco» è tornato a parlare anche Pier Luigi Bersani (Mdp): «Vogliamo tornare dove ci siamo fermati», dice. Dopo una campagna di stampa e presso l’opinione pubblica in cui diverse personalità di centrosinistraa (Prodi, Letta ecc.), oltre a Pisapia, invocheranno questa soluzione come l’unica per salvare l’Ulivo, Franceschini – che formalmente siede dentro la maggioranza Pd al fianco di Renzi – aprirà a un’alleanza organica con l’area di Orlando per chiedere che il Pd si pronunci, nei suoi organismi ufficiali (Direzione e Assemblea), sul punto. Il guaio è che, lì dentro, le due aree sono due, pur consistenti, minoranze: Orlando ha 24 voti, Franceschini 25 mentre Renzi conta su 80 voti, in Direzione.

Insomma, la manovra – che prenderebbe corpo dopo la probabile sconfitta Pd alle regionali in Sicilia a novembre – sarebbe destinata a sconfitta. Ecco perché franceschiniani e orlandiani, spaventati dalla scarsa generosità di posti che Renzi offrirebbe loro nelle future liste elettorali (venti ai primi, cinque ai secondi...) studiano la contromossa. Una richiesta di voto dentro le due assemblee di gruppo di Camera e Senato, gruppi in cui i franceschiniani sono ben cento (70 deputati e trenta senatori) e quelli di Orlando ben 110 (80 deputati e 30 senatori) contro una cinquantina di renziani e altrettanti dell’area Martina. Numeri molto alti che porterebbero a una loro probabile vittoria e, ovviamente, a uno scontro mai visto prima. Infatti, gli organi di partito si pronuncerebbero in un modo (di fatto contro la modifica all’attuale sistema elettorale) e i gruppi parlamentari in un altro (a favore del premio di coalizione e di una nuova legge elettorale). «Non sarà un intrigo di Palazzo, ma una battaglia a viso aperto», assicurano i franceschiniani, ma gli esiti sarebbero devastanti.