Giovedì 25 Aprile 2024

Verso un governo Gentiloni. Toto ministri: via Boschi e Giannini

Il ministro degli Esteri verso palazzo Chigi. Berlusconi vuole Padoan

Paolo Gentiloni e Matteo Renzi (Imagoeconomia)

Paolo Gentiloni e Matteo Renzi (Imagoeconomia)

Roma, 10 dicembre 2016 - Quella mazzata tra capo e collo arrivata sul Monte dei Paschi dall’Europa ha accelerato l’agenda della crisi. Troppo urgente risolvere il problema della banca senese prima che il virus si propaghi ad altri istituti di credito. E così, prima che finisca la processione dei partiti sul Colle si intravede la luce alla fine del tunnel: tramonta l’ipotesi di un Renzi che torna sui suoi passi e prende sempre più corpo agli occhi di Mattarella la figura di Gentiloni (IL RITRATTO). Il ministro degli Esteri è un fedelissimo di Renzi, tra i pochi da cui non solo comprerebbe un’auto usata ma nemmeno la porterebbe in un’officina a farla revisionare. E’ vero che in un momento tanto delicato pure Padoan – per cui fa il tifo il centrodestra – sarebbe stato gradito al Quirinale, ma sarebbe stato assai complicato sostituirlo in un ministero chiave come l’Economia.

E COSÌ, siamo arrivati al punto che è già scattato il toto ministri, limitato tuttavia ad alcune caselle visto che dovrebbero uscire di scena sicuramente Boschi, Giannini, Madia, probabilmente Poletti e Lorenzin, anche se su quest’ultima ci sono le barricate di Ncd. Chi prenderebbe il posto dell’attuale titolare della Farnesina? La rosa ha diversi petali, tra cui quello di Fassino e Calenda. Resterebbe invece al suo posto il sottosegretario Lotti, ancorché sul braccio destro renziano più d’uno tra i fedelissimi dell’ex premier ha storto il naso: a lui il compito di gestire le nomine di primavera. La certezza che siamo a un’incollatura dal traguardo si avrà stasera alle 18, quando la delegazione Pd entrerà nello studio alla vetrata: il Capo dello Stato si attende indicazioni precise. L’obiettivo è quello di conferire l’incarico già domenica, in modo da stringere ulteriormente i tempi per arrivare al Consiglio europeo di giovedì con un governo in carica o quasi. L’arbitro – così lo definisce il Financial times – freme per fischiare la fine di una partita che vede in gioco «la reputazione dell’Italia – per dirla con quotidiano della City –. Il paese avrà un seggio al Consiglio di sicurezza dell’Onu a gennaio, organizzerà le celebrazioni per il Sessantesimo anniversario del Trattato di Roma e ospiterà il G7». Chi meglio dell’attuale ministro degli Esteri per gestire certi appuntamenti? Certo, Renzi vorrebbe garanzie precise che – con Gentiloni in sella – si vada ad elezioni al più presto, approfittando magari della finestra perle amministrative di primavera. L’ideale sarebbe votare ad aprile, in modo da arrivare al G7 di Taormina con il nuovo esecutivo, bene anche giugno, ma non cade il mondo se si arriva a settembre.

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Tutto dipende dalla rapidità con cui il Parlamento metterà a punto l’armonizzazione dei sistemi elettorali di Camera e Senato. I gruppi che ieri sono saliti al Colle si sono detti a favore di una revisione del sistema: persino Fd’I di Meloni che – racconta La Russa – avrebbe ventilato l’ipotesi di mettere a punto un decreto legge che tenga conto dei possibili rilievi della Consulta, da convertire al momento opportuno. O la Lega, che non vedrebbe di cattivo d’occhio un ritorno al Mattarellum inviso a Berlusconi. Sul quale continuano ad essere accesi i riflettori: filtra la voce che non gradirebbe la scelta di Gentiloni non troppo apprezzato quando fu ministro delle telecomunicazioni. Ma i maligni continuano a sostenere che a certe condizioni – legge elettorale proporzionale e relazione favorevole del governo a Strasburgo, dove attende una sentenza da mesi – potrebbe mettersi in una posizione non ostile, tanto che il Carroccio lo avverte: attento a dire ok. Il nodo comunque sarà sciolto questo pomeriggio. Dopo l’incontro con Mattarella.