Maria Elena Boschi in lacrime. La sua stella cade con la riforma

Ragazza prodigio fino al caso Etruria, gaffe in campagna elettorale Maria Elena Boschi, torna il sorriso dopo il ko al referendum

Maria Elena Boschi al seggio con la nipotina (Maxver e Ansa)

Maria Elena Boschi al seggio con la nipotina (Maxver e Ansa)

Roma, 5 dicembre 2016 - «Maria Elena Boschi è troppo bella per essere comunista», si lasciò andare Silvio Berlusconi. «Solo lei pensa che i comunisti esistano ancora», gli rispose, risoluta. Sembra una vita fa, quando la potentissima ministra delle Riforme raccontava l’aneddoto alle Invasioni barbariche , ma era solo marzo 2014. Ieri lo choc: quasi il 60 per cento degli italiani ha bocciato la sua riforma. Lei non ha resistito e nella sede del Pd, al Nazareno, è scoppiata in lacrime. Comprensibile, visto che la sua stella era appesa al Sì. Ma come la sua ascesa è stata velocissima, la sua parabola discendente non è stata da meno.

Referendum, i risultati città per città

Avvocato classe 1981, cresciuta a Laterina (Arezzo), iniziò la sua carriera politica appoggiando il dalemiano Michele Ventura alle primarie 2009 proprio contro il rampante Matteo Renzi. Sappiamo come finì. La Boschi passò con il rottamatore e iniziò una carriera all’apparenza inarrestabile: cda della partecipata di Firenze Publiacqua, elezione a Montecitorio e ministro delle Riforme. Da quel momento ne sono successe di tutti i colori. Il patto del Nazareno sfumato, nonostante l’ingresso del Cavaliere nella sede del Pd a parlare di riforme sotto la foto di Fidel Castro e Che Guevara che giocavano a golf, la guerra fratricida nel Pd, lo scandalo Banca Etruria. Ieri, la batosta peggiore: una valanga di No alla riforma, pure nella sua Laterina. E dire che la Boschi, la futura madrina costituente, volto del renzismo vincente, era la ministra più amata. Interviste, foto di look, scarpe e scollature, scatti in costume in Versilia, commenti sessisti. Prima «giaguara» (per le famose scarpe tacco dodici indossate nella Leopolda 2013), poi imitata anche dalla comica Virginia Raffaele. La Boschi rilascia interviste frou frou a Vanity Fair (maggio 2014) – «Sono single, ma sogno un compagno e tre figli. La vita di coppia mi manca. Torno tardi dal lavoro, sono lì da sola a bermi una tazza di latte» – ma soprattutto combatte per far approvare la sua riforma della Costituzione.

Un anno fa si diceva che fosse una «tosta, preparata, la consigliera per eccellenza di Renzi». Potrebbe essere la futura vicepremier, titolavano i giornali, e c’era già chi azzardava per la ministra un futuro a Palazzo Chigi. Intanto lei – si racconta – studiava poderosi tomi, riuniva esperti e professoroni per riformare la Costituzione, teneva i contatti con Giorgio Napolitano, si alleava con Anna Finocchiaro. Infine per Meb (così si chiama su Twitter) arriva il vero successo: porta a casa l’Italicum e l’approvazione della ‘sua’ riforma al Senato il 13 ottobre 2015. Maria Elena è al top della popolarità proprio nel momento in cui si parte con la campagna referendaria. Ma a novembre scoppia la bufera Banca Etruria, della quale suo padre, Pierluigi Boschi, è vicepresidente. In piazza scendono i risparmiatori arrabbiati, in Aula le opposizioni chiedono le dimissioni. Si vocifera di litigi con Renzi e col fedelissimo sottosegretario Luca Lotti. La riprendono in Aula lontana dal premier, mentre prima era sempre al suo fianco. Gli attacchi si sprecano e la ministra alla Leopolda di dicembre sparisce per due giorni.

Il Paese si spacca tra il Sì e il No alla sua riforma, mentre lei inciampa prendendosela con i partigiani dell’Anpi schierati per il No: «I veri partigiani votano Sì». La missione in Sudamerica per convincere gli italiani all’estero viene letta come una prova del suo ‘oscuramento’. Di certo c’è che, in questa campagna referendaria accesissima, al fianco di Renzi non c’è più la Boschi, ma la moglie Agnese che, infatti, il premier ieri ha ringraziato nel discorso della sconfitta. E mentre il guru americano Jim Messina suggeriva al premier di valorizzare proprio Agnese, la Boschi in Svizzera perdeva le staffe contro una contestatrice. Un brutto segno, ieri trasformato in consapevolezza di non avercela fatta.