Venerdì 19 Aprile 2024

Banca Etruria, i 10 giorni neri del Giglio magico. Maria Elena Boschi in azione

Primavera 2014, incontri galeotti e bluff sulla banca. E papà Boschi diventa vice Etruria, Boschi: Vegas mi invitò a casa sua. Lite con Travaglio

Maria Elena Boschi, sottosegretario ed ex ministro delle Riforme (Ansa)

Maria Elena Boschi, sottosegretario ed ex ministro delle Riforme (Ansa)

Arezzo, 15 dicembre 2017 - I dieci giorni che hanno svelato il lato oscuro del Giglio Magico, la parte avventuristica del suo petalo più bello, sono quelli tra aprile e maggio 2014. Mentre a Roma il governo Renzi muove i primi passi, approva il taglio dell’Irpef e il bonus di 80 euro, nella terra del ministro Boschi va in scena un dramma economico-finanziario. Il ruolo coperto della Maria Elena nazionale, che non si intuiva all’epoca, ammantato dal piglio e dagli occhi scintillanti, si è svelato ora; riedizione di una Dorian Gray forse più ingenua che colpevole.

Tutto parte dalla lettera del governatore Visco al cda di Banca Etruria, dove siede anche papà Pierluigi Boschi. Il 5 dicembre Bankitalia dice agli aretini che non sono in grado di risanare l’istituto autonomamente. Banca Etruria deve aggregarsi con un’altra banca, di standing più elevato. Tra gennaio e marzo gli advisor Rotschild, Lazard e Kpmg (che rientreranno nel nutrito elenco delle consulenze esplose da 500mila a 13 milioni di euro in due anni) esaminano le banche interessate, e si focalizzano su Bper e Popolare Vicenza.

Etruria, Boschi: Vegas mi invitò a casa sua. Lite con Travaglio

L’8 aprile gli advisor ufficializzano a Bankitalia l’interesse di Bper e PopVicenza su Banca Etruria. Dopo una fitta serie di schermaglie e di annunci, il 6 maggio Banca Etruria comunica il ritiro di Bper. A dir la verità, da Modena i vertici di Bper avevano sempre liquidato l’ipotesi con un’alzata di sopracciglio. È alla vigilia delle mosse che si inseriscono gli incontri tra il ministro Boschi e il presidente della Consob Vegas. Il ministro era preoccupata della fusione con Vicenza: Zonin avrebbe monopolizzato il mercato italiano dell’oro e delle imprese del settore, a danno del polo toscano.

Caso Etruria, Vegas: "Ne parlai con la Boschi, era preoccupata della fusione con Vicenza"

Ma l’errore della Boschi è aver confuso i ruoli, di non aver capito che Vegas e la Consob non erano gli interlocutori adatti. Non poteva fare nulla, Vegas. E lei non aveva nessun titolo per occuparsi della questione. Per aggiungere opacità e offuscare il biancore del Giglio, papà Boschi viene nominato vicepresidente di Banca Etruria dall’assemblea del 4 maggio. E comincia anche lui a cercare possibili partner anti Vicenza, a battere le strade di una finanza di relazioni che aveva già portato a tanti crac in Italia. Per di più le società di cui è amministratore, come la Zootecnica del Pratomagno e la Coop del Valdarno superiore, sono beneficiarie di finanziamenti per 9 milioni. Secondo la Finanza non ci sono «profili di particolare criticità».

Poi la discesa diventa caduta rovinosa. Il 28 maggio la Popolare di Vicenza presenta la sua proposta di opa: 1 euro per ognuna delle 212 milioni di azioni, per il 90% del capitale sociale. Con conseguente delisting di Etruria da Piazza Affari. Arezzo si ribella, con sindaco e categorie economiche a guidare la rivolta contro l’opa. Il 5 giugno il vicepresidente Boschi è nella delegazione di vertice che va da Bankitalia a manifestare perplessità. Non partecipa all’incontro riservato nella tenuta di Zonin a Gaiole in Chianti, nel corso del quale il presidente Rosi e il vicario Berni presentano al «dominus» di Vicenza un piano alternativo all’opa, di cessione di filiali e di prelazioni sul futuro.

Convinti che Zonin accetti l’offerta, tornano da Bankitalia il 16 giugno, e stavolta c’è anche papà Boschi. Da provetto banchiere e abilissimo finanziere, Zonin propone solo l’opa per 212 milioni di euro. Il resto è la serie di effetti collaterali della valanga: il cda Etruria respinge l’opa, ad agosto tenta la carta disperata della trasformazione in spa. Ma a febbraio 2015 il governo commissaria la banca, per metterla poi in liquidazione.

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