Venerdì 19 Aprile 2024

Manovra finanziaria, Cottarelli avvisa il governo: "Servono tagli e riforme"

Il governo promette una "manovra espansiva" per rilanciare la crescita. Ma l'economista Carlo Cottarelli mette in guardia: "Si cresce solo con tagli e riforme, non facendo più deficit" Audio Casalino, Conte: "Tria? Mi fido di tutti i ministri"

Carlo Cottarelli

Carlo Cottarelli

Roma, 24 settembre 2018 - Il governo parla di "manovra coraggiosa ed espansiva" per rilanciare la crescita e lasciare alle spalle gli anni dell'austerity e della recessione. Ma per molti esponenti della maggioranza giallo-verde, le misure espansive andrebbero finanziate con maggiore deficit. Nella realtà, in Italia non si sono mai fatte vere e proprie manovre espansive.

Manovra espansiva? In realtà ce ne sono due. Una, auspicata da più parti nel governo giallo-verde, predica l’aumento del deficit. L’altra è una politica di tagli e riforme per gli investimenti. A spiegarlo è Carlo Cottarelli, già direttore esecutivo del Fondo monetario (Fmi), commissario alla spending review, per pochi giorni anche presidente del Consiglio incaricato nella fase più acuta della crisi della primavera scorsa. Oggi dirige l’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica di Milano.

Tutti i governi parlano di manovre espansive, pochi le fanno. Ma di cosa si tratta davvero?

"Per espansiva intende una manovra in cui si aumenta il deficit?".

Il governo sembrerebbe fare riferimento a questo. "Ecco, faccio una premessa. Secondo me le vere manovre espansive sono quelle misure o decisioni che fanno crescere di più l’economia. Allora la domanda è: nelle condizioni dell’Italia, cos’è che farebbe crescere l’economia?".

E la risposta?

"Secondo me è fare riforme che inducono il settore privato a investire di più in Italia".

Quali riforme sarebbero più urgenti?

"Innanzitutto un taglio netto alla burocrazia che ha costi enormi per le imprese: le nostre Pmi spendono 30 miliardi di euro l’anno solo per compilare moduli... E poi rendere la giustizia civile più veloce. Abbassare le tasse, però finanziandole in modo permanente con risparmi sul lato della spesa. Tutto questo cose renderebbe l’Italia più competitiva e non costa niente allo Stato. Queste sono le manovre espansive di cui c’è bisogno".

Invece le misure di cui parla il governo?

"In pratica si discute se l’Italia, per crescere, abbia bisogno di più deficit, cioè prendere a prestito più soldi. Perché non è che i soldi ce li dà l’Europa... Nel 2008-2009, quando ero al Fmi, sono stato a favore di misure fiscali espansive".

Ora no...

"Allora c’era un’enorme recessione e il debito dei Paesi avanzati era ancora relativamente basso. Rispetto a questo, l’Italia di oggi ha due problemi: primo, fortunatamente, non è in recessione; secondo, il nostro debito è già molto elevato. Non sono contrario per principio a utilizzare i conti pubblici per sostenere l’economia. Il problema è che in Italia sarebbe controproducente: un deficit alto preoccuperebbe i mercati".

Quindi ci sono due modi incompatibili tra loro di intendere l’espansione?

"Credo che all’Italia servano maggiori investimenti privati, snellendo la burocrazia e la giustizia civile, con meno corruzione. In questo quadro c’è anche spazio per gli investimenti pubblici, occorrono sempre buone infrastrutture. Ma farli in deficit aumenterebbe ulteriormente il debito; piuttosto dovremmo trovare nuovo risparmio sul lato della spesa corrente".

In Italia però è ancora fresco il ricordo dell’austerity.

"Però senza le misure restrittive del 2012 il debito pubblico sarebbe ancora più alto. Casomai è salito perché l’avanzo primario, cioè la differenza tra entrate e uscite al netto della spesa per interessi, è stato negativo. Abbiamo speso più del dovuto. Solo negli ultimi anni ci sono state misure un po’ espansive sul lato fiscale: gli 80 euro, l’abolizione dell’Imu, la riduzione delle tasse sulle imprese".

E per quanto riguarda invece il versante degli investimenti per la crescita?

"Non si sono fatte le riforme essenziali. Quella del mercato del lavoro può essere stata utile ma non decisiva. Se 10 anni si chiedeva agli imprenditori cosa mettevano in cima alla lista delle priorità, mettevano le stesse cose di adesso: fisco, burocrazia e giustizia civile. L’articolo 18 era piuttosto indietro. Alcune di queste riforme, in linea di principio, si trovano anche nel contratto di governo".

Allora perché non si fanno e si insiste sulla manovra in deficit?

"Forse perché la scappatoia più facile è aumentare la spesa o tagliare le tasse: convince di più la gente e si vende meglio. Le riforme strutturali sono molto più difficili e ci vuole tempo. Certo, poi si è seguito anche il metodo sbagliato, tipo far fare la riforma della burocrazia ai burocrati...". 

Ma un governo Cottarelli che manovra avrebbe fatto?

"Io ero lì ovviamente solo per portare il Paese alle elezioni, ma se mi chiede cosa farei se fossi a capo di un governo, beh, quello che ho detto prima: meno burocrazia, giustizia civile più veloce, risparmi di spesa e tagli alla tassazione, riduzione graduale del deficit".

C’è in particolare una voce di spesa che andrebbe tagliata prima di altre?

"Io mi sono sempre rifiutato di rispondere a questa domanda, la mia spending review agiva ad ampio spettro. Posso dire per esclusione che non bisogna intervenire sulla pubblica istruzione. Già spendiamo troppo poco per la scuola rispetto agli altri Paesi".