Sabato 20 Aprile 2024

Virginia Raggi e le donne 5 stelle, c'eravamo tanto odiate

Alla larga dal sindaco Roberta Lombardi ma anche Taverna e Ruocco

Virginia Raggi con Paola Taverna (Ansa)

Virginia Raggi con Paola Taverna (Ansa)

Roma, 16 settembre 2016 - LA GUERRA ‘vera’ è iniziata in un giorno preciso. Quel giorno d’estate in cui Beppe Grillo fece visita ad una Virgina Raggi in crisi dentro le sue stanze in Campidoglio, lasciando fuori tutto il mini direttorio. Soprattutto Roberta Lombardi. Dunque – ecco il messaggio racchiuso nel gesto – tra le due eterne litiganti, il ‘capo supremo’ aveva scelto Virginia, non Roberta.   DIFFICILE da digerire per chiunque, figurarsi per la sanguigna deputata romana. Quella che, con qualche ragione sul fronte dell’ortodossia dell’ «uno vale uno», non ha mai tollerato l’ascesa vertiginosa dell’ ambiziosa avvocata. Un’antipatia dovuta soprattutto all’autonomia vantata dalla Raggi che, infatti, non è mai rientrata nella sua sfera d’influenza, facendole capire di non aver bisogno di lei. Mai. Di qui il rancore, celato ma non troppo, nato all’epoca delle primarie stellate, quando Roberta voleva che vincesse il suo protetto Marcello De Vito (oggi presidente del consiglio comunale) e, invece, Casaleggio gli preferì Virginia. E poi, se non fosse stato per Daniele Frongia, vicesindaco, oggi al posto della Raggi, ne è certa la Lombardi, ci sarebbe stato Marcello. E lei al posto di Frongia.

Aspettative deluse che si sono tramutate, in breve tempo, in (reciproco) rancore puro quando poi la Lombardi tentò di stoppare le primissime nomine di Frongia capo di gabinetto e di Raffaele Marra vice e far esplodere di rabbia la povera Virginia. «Non ce la faccio più», lo sfogo con Luigi Di Maio, preludio di una vendetta che si è consumata quando Daniela Morgante, sponsorizzata proprio dalla Lombardi come capo di gabinetto, di fronte all’indecisione del sindaco, ha preferito farsi da parte. Allora come oggi, l’intervento di Grillo ha sedato gli animi, ma è indubbio che la sindaca è stata tenace al punto di estromettere l’avversaria. Salvo poi, a rottamazione compiuta, rivolgersi ai cronisti con finto candore: «Roberta Lombardi si è dimessa dal direttorio? Non ne so nulla, me lo dite voi…». Adesso, però, il fronte femminile anti Raggi, nonostante Grillo, sembra – pericolosamente – in aumento. Ieri il post della Lombardi è stato rilanciato da Carla Ruocco, unica donna del direttorio nazionale, legata al clan Grillo, da settimane in rotta con Di Maio proprio per la «questione romana».    E ANCHE la ruspante Paola Taverna dicono faccia fatica a tenere a freno le parole sul «caos» creato da Virginia. Lo spettacolo che offre il Movimento dunque, è anche quello di un partito dove le donne se le danno di santa ragione, decise a conquistarsi spazi di potere autonomo ad ogni costo. Scorrettezza compresa. Insomma, la Raggi è tutto fuorchè la «bambolina imbambolata» che aveva impressionato Vincenzo De Luca del Pd. È, invece, donna concreta, che per raggiungere lo scopo non esita a stendere l’avversario. Soprattutto se si chiama Roberta Lombardi, ma anche dovesse chiamarsi Carla Ruocco o Paola Taverna. E senza fare «prigioniere».