M5S, nuove regole per le elezioni 2018. In lista anche non iscritti

Il Movimento è sempre più simile a un partito e apre alla società civile. Di Maio capo politico e tesoriere. Cade il 'no' alle alleanze. Multa di 100mila euro per i voltagabbana

Luigi Di Maio con Davide Casaleggio

Luigi Di Maio con Davide Casaleggio

Roma, 30 dicembre 2017 - Non ci sono più i 5 Stelle di una volta. E, visto che fare l'opposizione non sarà più (almeno nei desiderata di Luigi Di Maio) la vera ragione sociale dei grillini, ecco che quello che fu il Movimento diventa sempre più simile a un partito. Importa poco che Davide Casaleggio neghi questa possibilità ("Noi un partito? Non credo"), perché il cambiamento siderale è nei fatti e, soprattutto, nelle nuove regole del Movimento. 

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Prima novità - che già fa storcere il naso a ortodossi e popolo della Rete -  è l'apertura alla società civile. Che cosa significa? Facile. In corsa come candidati non ci saranno più solo gli iscritti al Movimento 5 Stelle, ma anche personaggi che si sono distinti per professionalità e competenza. Una vera e propria rivoluzione che partirà nei collegi uninominali, dove la 'faccia' conta più del marchio (5 Stelle) in questo caso. Se questa può sembrare un'ovvietà a cui ricorrono tutti i partiti (da Forza Italia al Pd), per quanto riguarda i grillini si può dire si tratti di una vera e propria svolta. Questi nuovi volti correranno alle parlamentarie (escamotage per dribblare le critiche dei duri e puri), ma è chiaro l'obiettivo: realizzare un 'casting' tra professionisti e imprenditori, Nord Italia in primis. Non solo. Anche per la candidature classiche (degli iscritti che hanno requisiti, ndr)  si eviterà il calderone di candidati allo sbaraglio, tant'è che Beppe Grillo e Luigi Di Maio adotteranno una specie di filtro di qualità che porterà a un'ulteriore scrematura. Motivo? Evitare gli errori della precedente legislatura funestata da cambi di casacca continui.

E, proprio per fronteggiare i voltagabbana, i grillini adotteranno multe salate di 100mila euro per 'punire' coloro che cambieranno verso dal verbo stellato. Ma c'è di più. Nasce anche una nuova associazione denominata "Movimento 5 Stelle" che regolerà la vita politica del Movimento con un nuovo Statuto (avete presente il 'non Statuto?') e un nuovo codice etico. Ed è qui che crescono le maggiori contraddizioni del M5S. Archiviata (in parte) la fase giustizialista, oggi la linea è molto più morbida nei confronti degli inquisiti considerati "incandidabili solo solo se ledono l'immagine del Movimento". Ma c'è di più. Decade anche l'obbligo a non associarsi ad altri partiti o gruppi, clausola che viene già letta come 'salva-alleanze'. Tradotto: cade l'ennesimo tabù.

Nella nuova associazione vengono disegnati anche i vari ruoli all'interno del M5S.  E, quindi, il capo politico diventa una carica elettiva che durerà 5 anni rinnovabili per altrettanti (tetto, quindi, massimo di 10 anni). Così, chiaramente, la figura di Di Maio si rafforzerà ulteriormente, diventando molto simile a quella di un 'segretario' di partito. Poi resteranno il garante (Grillo) e il Collegio dei probiviri (composto da Paola Carinelli, Nunzia Catalfo e Riccardo Fraccaro), oltre a un Comitato di Garanzia (Giancarlo Cancelleri, Vito Crimi e Roberta Lombardi). Novità delle novità, ci sarà pure il tesoriere, vero e proprio inedito del Movimento, ruolo in capo sempre a Di Maio. Infine, come ogni partito che si rispetti, non poteva mancare l'Assemblea degli iscritti "che verrà convocata dal capo politico almeno una volta all'anno in un luogo fisico o su una piattaforma online". 

Rimane l'obbligo dei due mandati, mentre si prevedono deroghe per i candidati che hanno già compiuto i 40 anni. Secondo le vecchie regole, avrebbero dovuto correre al Senato. Ma, per evitare che big come Danilo Toninelli o Roberto Fico che hanno superato i 40 anni finiscano a Palazzo Madama, sono attese eccezioni ad hoc. D'altra parte, i 5 Stelle non sono nuovi a correzioni in corsa di regole e statuti. Dal divieto per i grillini di andare in tv, fino a sospensioni ed espulsioni che, nel corso degli anni, hanno avuto regole spesso dettate dalle circostanze e dai personaggi coinvolti (affaire Pizzarotti in primis).