Venerdì 19 Aprile 2024

Legge elettorale, può saltare tutto

Franchi tiratori in azione, crepe nel M5s. La maggioranza Pd se la prende con gli orlandiani

Emanuele Fiano, Pd, padre della Legge elettorale (Lapresse)

Emanuele Fiano, Pd, padre della Legge elettorale (Lapresse)

Roma, 8 giugno 2017 - I franchi tiratori che rispuntano. I grillini che convocano un altro referendum on line. Gli echi della voce potente di Napolitano e, immancabili, le solite paturnie del Pd nonché quei giuristi che paventano dubbi di costituzionalità. La somma di tutto questo ha prodotto uno slittamento della votazione finale sulla legge elettorale che era fissata per domani invece proseguirà fino a martedì prossimo (il Pd avrebbe preferito lunedì, ma la presidente Boldrini non ha voluto) in attesa che si pronunci il popolo cinquestelle. Ma soprattutto ha scatenato una vasta fibrillazione che allarma il mondo berlusconiano, convinto di aver stretto un patto di ferro sul tedesco con Renzi e preoccupati che possa andare all’aria.

Il primo segnale di allarme sono stati i franchi tiratori con cui si apre e si chiude la travagliata giornata. All’ora di pranzo le pregiudiziali di costituzionalità vengono respinte con 310 voti contro 185, ma sulla carta i soci dell’intesa sulla riforma (Pd, M5s, Fi e Lega) ne hanno 449. Al netto degli assenti giustificati 66 deputati hanno sparato sull’accordo nel segreto dell’urna e questo, all’inizio di una maratona di voti segreti, non è un buon presagio. Infatti, si replica in serata, quando i pattisti – nella seconda prova a fari spenti – raggiungono «solo» quota 317. Sarà pure trasversale il malessere – come nota più d’uno – però il pericolo maggiore è rappresentato dai grillini che hanno inserito un nuovo salto mortale nel percorso della legge: chiedono che ci sia una nuova votazione in rete tra gli iscritti come estrema sintesi tra l’area che vuole gettare tutto all’aria e chi, invece, spinge per salvare l’operato del partito. Come andrà a finire non si sa: a sera Grillo buttava acqua sul fuoco («vogliamo legge e voto»), ma c’è comunque una percentuale di richio perché i cinquestelle vogliono due cose che il Pd non è intenzionato a dargli: le preferenze e, soprattutto, il voto disgiunto. Di qui l’irritazione di Renzi che minaccia di andare subito alle urne con il Consultellum , consapevole che se il patto a quattro non regge crolla tutto: «Sono passati due giorni e i grillini hanno già cambiato posizione. Due giorni!!!». Replicano i pentastellati con Fico eToninelli: «Nessuna giravolta: decidono gli iscritti. Invece Renzi terrà i suoi nel voto segreto o torneranno i 101 franchi tiratori?».

Crea turbolenza anche il Pd, o meglio l’area orlandiana che – malgrado la richiesta dei vertici del partito – non ritira i suoi emendamenti. «Anche i cinquestelle mantengono i loro». La minoranza conta 31 esponenti al Senato e potrebbe fare la differenza benché il Guardasigilli assicuri: «Siamo seri, voteremo la legge». Tra i suoi c’è chi non ci sta come Chiti che l’altra sera ha spiegato al capogruppo Zanda che non solo non dirà sì alla riforma, ma uscirà dal Pd. Imitato da Tocci e Mucchetti. La chiamata alle armi di Napolitano – che ieri ha pranzato con il ministro dei rapporti per il Parlamento, Finocchiaro – ha colpito nel segno, come tutta l’offensiva «extraparlamentare» che parte dal mondo economico, passa per pezzi di governo (Calenda, in primis) per arrivare in aula: obiettivo far saltare la legge e il voto anticipato. Rivela un orlandiano: «Noi insistiamo. Vogliamo far pressione per far uscire Mattarella allo scoperto». Assicurano i renziani che non ci sono problemi: «Se passa la legge, va tutto bene, anche la data delle elezioni». Ragion per cui i sabotatori dell’intesa insistono sui profili di incostituzionalità della riforma: «Avranno pure cambiato il numero dei collegi in Senato, ma c’è il rischio che uno o due candidati pur vincendo nei collegi restino fuori. Come succederà a chi, pur raccogliendo più voti, appartengono a un partito che non supera il 5%». Gli esperti di area Pd ribattono che tutto è a posto, non ci sono problemi. In questo quadro, i forzisti hanno le paturnie: «Noi abbiamo stretto un patto con Renzi che deve andare avanti, anche senza i grillini».