Giovedì 25 Aprile 2024

Legge elettorale, asse Pd-Berlusconi. Urne più vicine

Democratici, Forza Italia e grillini hanno di fatto già siglato un accordo

Renzi e Berlusconi, accordo sulla legge elettorale

Renzi e Berlusconi, accordo sulla legge elettorale

Roma, 28 maggio 2017 - LA TAVOLA è apparecchiata, i commensali stanno per sedersi al desco, la pietanza è in cucina, succosa e fumante. Fuor di metafora, manca davvero un amen alla conclusione delle trattative per scrivere una nuova legge elettorale. L’accordo tra i tre grandi partiti presenti in Parlamento (Pd, FI, M5S) è certo, la convergenza di altri probabile. Lega, Fd’I e Mdp ci stanno, Ap di Alfano e altri no perché contrarissimi alla soglia di sbarramento al 5%, che considerano troppo alta. Dario Parrini, che segue il dossier legge elettorale, per il Pd, è netto: «Per noi la soglia al 5% è intangibile. È la leva che ci consente di interpretare in maniera maggioritario un sistema proporzionale, la sola garanzia anti frammentazione e contro il potere di veto dei partiti-cespuglio». 

IL PRONOSTICO / Formica: "Il premier sarà Draghi" - di F. GHIDETTI

IL TIPO di riforma elettorale è, tecnicamente, un sistema ‘simil-tedesco’. Rispetto al Rosatellum, il testo base depositato dal Pd in commissione (50% collegi uninominali, 50% collegi plurinominali proporzionali), se ne discosta solo nel metodo di elezione. Nel Rosatellum, i due canali – collegi e listini – non si parlano e possono produrre risultati numerici diversi. Nel ‘tedeschellum’ i seggi spettanti devono rispettare la cifra, pur ripartita tra collegi e listini, raggiunta da ogni partito che sta oltre il 5%. Restano dei problemi tecnici (i peggiori tra i vincenti nei collegi, specie nei partiti grandi, rischiano di non essere eletti), ma gli esperti di sistemi elettorali dei due partiti (Parrini per il Pd e Sisto per FI) ci stanno lavorando con emendamenti simili in commissione. DAL PUNTO di vista politico, i prossimi giorni sono decisivi. La riforma elettorale è attesa al voto in Aula, alla Camera, a partire dal 5 giugno e non può scavallare, al Senato, luglio. Renzi, infatti, vuole andare a votare «il 24 settembre, niente subordinate (cioè votare a ottobre, ndr)», come dice ai suoi. Berlusconi preferirebbe votare a ottobre (magari il 22) mentre Di Maio (M5S) vorrebbe, addirittura, «votare il 15 settembre, prima che i parlamentari maturino i vitalizi», ma è demagogia: causa i tempi tecnici, è davvero impossibile.

DOMANI il Pd darà il via a una girandola d’incontri con tutte le forze politiche, ma non al Nazareno, bensì in Parlamento. Si inizia coi piccoli (Psi, SI, etc.) e si arriva, al pomeriggio, ai grandi (FI, M5S): al capo del tavolo del Pd ci saranno i due capogruppo, Rosato e Zanda, e il plenipotenziario di Renzi, Lorenzo Guerini. Contatti informali tra i massimi vertici del Pd e di FI (Lotti-Letta, Lotti-Confalonieri) ce ne sono stati, come pure diverse telefonate Renzi-Berlusconi, ma i due leader non si vedranno di persona. «Non è un Nazareno bis –, spiegano dal Nazareno Uno – «anche perché mediaticamente non giova a nessuno, né a noi né al Cav.». ANCHE le dichiarazioni dei protagonisti della trattativa sono improntate al cauto ottimismo. Berlusconi dice: «Manca poco al momento in cui gli italiani potranno scegliere da chi vogliono essere governati, se finalmente potremo avere una legge elettorale condivisa». E se il ministro Lotti parla di «settimana decisiva», confermando che Renzi e il Cav non si vedranno di persona, Guerini esplicita una tautologia politica: «È evidente che nel momento in cui una legge elettorale viene approvata, è tecnicamente possibile andare al voto». Dopo, servirà solo l’ok non scontato del Colle.