Venerdì 19 Aprile 2024

Legge elettorale, "il tedesco corretto non dà governabilità. Ma favorisce i dem"

Intervista al professore Vincenzo Lippolis. "Con tre poli come oggi non viene garantita una maggioranza defionitiva"

Vincenzo Lippolis (Dire)

Vincenzo Lippolis (Dire)

Roma, 18 maggio 2017 - «È UNA legge elettorale che può avvantaggiare il Pd in quanto partito di sistema. Come è accaduto in Francia a Macron, Renzi può catalizzare i voti moderati contro un movimento anti-sistema, rappresentato in questo caso da Grillo». È il giudizio del professor Vincenzo Lippolis (nella foto) – ordinario di diritto pubblico comparato all’Università degli studi internazionali di Roma – a una prima lettura del testo presentato dai democratici.

Ci faccia capire professore quali sono le sue caratteristiche. Lo possiamo definire un Mattarellum?

«Ha caratteristiche diverse: malgrado sia stata aumentata la parte proporzionale fino al 50%, c’è una soglia di sbarramento del 5% che vale sia per le liste che si presentano da sole sia per quelle che si coalizzano. Solo i partiti che superano il 5 prendono i seggi, dunque è un sistema severo con le forze minori, un maggioritario molto selettivo. E questo lo distingue anche dalla legge tedesca, che funziona in modo proporzionale. Parlerei, piuttosto, di un sistema del ‘fossato’, poiché i due binari, proporzionale e maggioritario, operano in modo totalmente indipendente».

È un sistema che dà stabilità?

«La stabilità non è assicurata. Nella situazione precedente, con un centrodestra e un centrosinistra che si sfidavano, avrebbe avuto un senso preciso. Ma nell’attuale quadro con tre poli non garantisce una maggioranza definita».

Il Pd lo sponsorizza perché ne trae benefici?

«Non voglio essere malizioso, ma siccome nell’uninominale vince chi ha un voto in più, ci può essere il discorso del voto utile per cui il Pd, accentuando il confronto diretto con i 5 Stelle, potrebbe sfruttare la polarizzazione vista altrove tra movimenti populisti e movimenti di sistema per attrarre i moderati. C’è di più: se il partito di Renzi fa una coalizione con partiti minori e nessuno di questi prende il 5% nella quota proporzionale quei seggi li prende tutti il Pd».

Non esistono correttivi?

«No. L’unica possibilità per i piccoli è di contrattare collegi nella parte uninominale».

M5S parte svantaggiato perché non fa alleanze?

«Se vogliamo semplificare è così: M5S prende solo i suoi voti. Però, non è detto che i 5 Stelle siano sfavoriti: se riescono a conquistare molti seggi nella parte uninominale e a raggiungere una buona quota nella parte proporzionale potrebbero anche arrivare alla maggioranza».

È un esito a cui punta pure Renzi per il Pd. Conta il valore del singolo candidato nel collegio?

«Ai tempi del Mattarellum, contava di più il nome del candidato premier: Berlusconi da un lato, Prodi dall’altro. Se il voto è di militanza, si va oltre la persona».

Però potrebbe fare alleanze anche il centrodestra.

«È tutta da valutare l’attrattiva sull’elettorato di un’alleanza tra Berlusconi, Salvini e Meloni. E forse Renzi punta anche su questo per presentarsi come il paladino dei moderati rispetto a Grillo».

Allora, il rifiuto di Berlusconi è motivato?

«Sono dell’idea che a Forza Italia il sistema che conviene di più è il proporzionale. Gli può dare centralità dopo le elezioni».