Legge elettorale, Boccia: "Col proporzionale sarà la palude"

Il leader di Confindustria: per crescere serve stabilità

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia (Ansa)

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia (Ansa)

Roma, 30 marzo 2017 - La stabilità e, dunque, la prospettiva di un quadro di riferimento politico assestato sono tra le condizioni-chiave per la crescita». Non ha dubbi Vincenzo Boccia, leader degli industriali italiani, su quello che servirebbe al Paese per rimettersi in moto e, al contrario, sul rischio ingovernabilità di fronte al quale potremo ritrovarci senza nuove regole elettorali che possano evitare la palude. «È per questa ragione – avvisa – che guardiamo con attenzione a questo tema: non possiamo consentirci il lusso dell’indifferenza e temiamo che con il proporzionale secco non manchino le incognite per un sistema non precario».

Presidente, quale ruolo ha la stabilità politica per la ripresa economica?

«Una premessa. Se vogliamo davvero ripartire dobbiamo porci il problema di come stimolare gli investimenti, pubblici e privati, che renderanno più competitive le imprese per creare quella ricchezza che si trasforma in occupazione e quindi in nuova domanda. Se non s’innesca questo circolo virtuoso, facile da spiegare e difficile da realizzare, ogni proponimento di recuperare le posizioni perdute e conquistarne di altre diventa velleitario».

E per avviare questo circolo virtuoso serve un quadro politico stabile con governi non traballanti.

«Infatti. E non a caso il tema della stabilità per la crescita non è nuovo per Confindustria e, in realtà, per ciascun imprenditore che per assumere le sue decisioni d’investimento ha bisogno di un orizzonte lungo e largo oltre che, possibilmente, sgombro da nuvole. Condizioni difficili da avere tutte insieme ma che non possono, però, essere negate in partenza perché vorrebbe dire indebolire fortemente la capacità di crescita di un Paese».

Da qui la leva della legge elettorale che, per come è oggi, non garantisce nessuna governabilità.

«Ecco perché Confindustria guarda con attenzione – ma potremmo anche dire con apprensione – alle dinamiche che condurranno alla legge elettorale che dovrà regolare le prossime elezioni politiche. Come cittadini che abbiamo scelto il mestiere di produrre il reddito dal quale deriva il benessere individuale e generale – e a prescindere dalle simpatie politiche che ognuno di noi può avere – non possiamo consentirci il lusso dell’indifferenza mentre la concorrenza si fa sempre più dura».

Quali sarebbero le conseguenze economiche di uno scenario da Prima Repubblica?

«Il cambio repentino di orientamenti e scelte politiche, gli stop and go al quale siamo abituati ma non rassegnati, le riforme fatte e disfatte senza che si abbia il tempo di apprezzarne gli effetti, sono tutti sintomi di un sistema erratico capace di produrre tatticismi e di scoraggiare qualsiasi strategia. E mentre dovremmo creare le condizioni per attrarre capitali da tutto il mondo, senza i quali non ci sarà ripresa, corriamo il rischio di lasciar fuggire quelli interni che inevitabilmente andranno alla ricerca di opportunità migliori impoverendo una struttura industriale che, non mi stancherò mai di ripetere, è la seconda in Europa dopo la Germania e potrebbe essere la prima se solo fossimo capaci di rimuovere alcuni degli ostacoli che ci frenano lungo il cammino dello sviluppo».

Il proporzionale, dunque, può diventare un nuovo freno alle scelte di sviluppo e un volano per il consociativismo della spesa pubblica?

«Il rischio c’è tutto. In tempi di risorse scarse bisogna avere il coraggio di fare scelte selettive e per riuscirci occorre poter contare su un contesto che non muti a ogni stormir di fronda dove, nell’illusione di accontentare tutti, si finisce con lo sciupare risorse preziose. Perché la politica possa riappropriarsi del suo ruolo di guida del Paese, cosa che noi auspichiamo vivamente, c’è bisogno che la stessa politica si dia gli strumenti giusti per farlo».