Venerdì 19 Aprile 2024

Brunetta e il complotto di Berlino. "Altro che folklore, fu un golpe"

Il capogruppo di Forza Italia sul caso della Deutsche Bank indagata a Trani. "Dal 1500 il potere chiede aiuto allo straniero"

Renato Brunetta (Imagoeconomica)

Renato Brunetta (Imagoeconomica)

Roma, 7 maggio 2016 - Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, è in giornata torrenziale. Dialoga coi media, presidia il web, invade i social network. Da Facebook a Twitter canta la verità del Berlusconi 2011 «affondato per via finanziaria». #ProcuraDiTrani! #AvevamoRagioneNoi #Spread #Complotto #Berlusconi: un profluvio di hashtag sbattuti in faccia al premier Renzi, «l’abusivo di Palazzo Chigi vassallo della Merkel». 

Onorevole Brunetta, ha visto? C’è un giudice a Trani. «Sì a Trani. Per giudicare Berlino. L’eccezionale dottor Ruggiero. Un pm di grandi capacità, non politicizzato, che fa bene il suo lavoro e per questo è trattato con ironia e supponenza dai nemici della verità e dai giornaloni».

Ne è sicuro?  «Certo. Un’opera inquirente di alto profilo viene ridotta a folklore. Eppure accade anche all’estero che magistrati di provincia decidano su vicende immense. Quindi ben venga Trani sulle agenzie di rating e sul complotto partito da Berlino contro l’Italia». 

Angela Merkel in visita italiana non l’avrà presa bene.  «La gigantesca manipolazione finanziaria di Deutsche Bank – 7 miliardi di titoli di Stato italiani frettolosamente venduti sul mercato – sta per essere dimostrata».

Indizi tanti. Ma la prova regina? «Tutto coincide. Dalle rivelazioni 2014 dell’ex segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, alle ammissioni di Mario Monti sui passaggi preparatori alla sua designazione a senatore a vita e poi a presidente del Consiglio, agli altri dettagli su quei giorni drammatici del 2011 con lo spread fatto volare a quota 575. Contro Berlusconi si consumò un golpe».

Deutsche Bank vendette il debito italiano. Ma dove sarebbe lo scandalo in assenza di prassi o comunicazioni manipolatorie? «A Trani avvalorano l’ipotesi di una regìa aggressiva e strutturata. Di sicuro ci fu una concomitanza di interessi. Su tutti, quello tedesco di alleggerire le crescenti pressioni sul Bund. Attaccare i nostri Btp fu strategico, il segnale che molti aspettavano per infierire sui paesi del Club Med».

Con l’Italia nel mirino.  «È dall’anno 1500 che in questo Paese i centri di potere chiamano in soccorso lo straniero. Che poi resta e vuole comandare».

Sindrome di accerchiamento? «La storia sa prendersi le sue rivincite. Berlusconi, prima di finire ostaggio della magistratura, le aveva azzeccate tutte. Nel rapporto di non sudditanza con la Ue, nell’opposizione ai raid militari in Libia dove oggi appariamo insieme ai tedeschi i migliori alleati di Turchia-Tripoli-Fratelli Musulmani, nella campagna per includere Putin e la Russia al tavolo dei decisori internazionali, nella difesa dei nostri interessi».

Anche Renzi direbbe che lui lavora per l’Italia. Sta per rinascere un’intesa con la Germania? «Renzi-Merkel è l’asse del nulla. Niente soldi da Berlino sui progetti che contano come Eurobond e Migration Compact. Solo aggettivi roboanti e sorrisi».

Meglio i sorrisini che la Cancelliera e Sarkozy si scambiavano in favore di telecamera per irridere Berlusconi? «Berlusconi è la personificazione di un aforisma di Gandhi: Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci. E io mi onoro di essere al suo fianco, come deputato ed economista. Il suo tacere senza speculare sui guai giudiziari del Pd è una prova di grande moralità politica».

Visto che è di buon umore, non vuol dare un consiglio a Renzi? «Recuperare la lezione di Guido Carli. Porsi alla guida di un vasto fronte Ue per abbattere il Patto di stabilità e di crescita che ha ucciso Maastricht per via regolatoria: lì fu concordato che in circostanze eccezionali non ci fossero tabù. È ora di tornare a quelle previsioni».