Giovedì 18 Aprile 2024

La resurrezione degli enti-zombie. Venti miliardi di privilegi immortali

Uno spreco senza fine, dai palafrenieri siciliani ai centri anti-analfabeti

 Matteo Renzi (Ansa)

Matteo Renzi (Ansa)

Roma, 22 ottobre 2016 - QUANTI sono gli enti ‘inutili’? «Chiudiamoli». La magnifica idea che periodicamente affiora nel governo del Paese per ora è sempre rimasta tale. Chi ha provato, ha desistito. Già, perché la più inestricabile giungla del sottopotere è diventata parte integrante e sostanziale dell’Italia che non cambia.  A leggere certi nomi il sorriso è spontaneo, però diventa rabbia alla notizia del conto complessivo. Soggetti come il Centro studi transfrontalieri del Comelico, l’Opera nazionale dei figli degli aviatori o l’istituto regionale per le Ville Tuscolane – e i loro fratelli benemeriti, da nord a sud, isole comprese – costano globalmente alla collettività «da 10 a 20 miliardi l’anno». Questa, almeno, è la stima riassuntiva di chi ha provato a cimentarsi sulla scivolosissima questione. Tanto per cominciare nessuno sa, con precisione, quali e quanti siano gli enti effettivamente ‘inutili’. Si va dai 500 denunciati dal Codacons ai 550 censiti dal governo Monti, agli oltre 3.000 fatti balenari dall’Upi nei giorni in cui la battaglia per la sopravvvivenza delle Province suggeriva l’indicazione un po’ carogna di altre vittime che placassero il legislatore – e la gente. Chi ha ragione? Se contare le stelle può essere divertente, contare i carrozzoni pubblici un po’ meno, soprattutto in mancanza di universali unità di misura. Ma se si includono le sedi periferiche delle tante strutture che punteggiano il Paese, la quota non può che lievitare nella fascia alta delle stime. 

UN SOTTOBOSCO speciale abbranca l’Italia. Prendiamo l’Unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo, primo presidente Francesco Saverio Nitti. Oggi continua imperterrita la sua missione dalla sede romana di Palazzo Sora, in Corso Vittorio Emanuele II, e dalle sue sedi locali: 35 Centri di Cultura per l’Educazione permanente, da Pescia a Oristano, che hanno ricevuto persino l’encomio dell’Unesco. Secondo l’Istat, l’analfabetismo oggi in Italia affligge appena l’1% della popolazione. Bene. L’Unla vira su corsi di italiano per gli stranieri e di computer e web per gli analfabeti digitali. Essenziale nell’Italia 2016? Forse no. Ma l’essenzialità non è un requisito di legge. E la patente di ‘inutilità’ – dopo anni di lavoro – non è così facile da affibbiare. Certo, alcuni soggetti gridano vendetta già dal nome: l’Ente campano per lo studio dei materiali plastici e per i poteri di difesa dalla corrosione, per esempio, è in liquidazione. Altri hanno perso aderenza, ma mantegono organismi dirigenti, sindaci revisori, patrimoni mobiliari, immobiliari e personale che non può essere lasciato a spasso. Come gli incolpevoli 40 palafrenieri della tenuta siciliana dell’Ambelìa: sono sopravvissuti alla progressiva diminuzione degli stalloni arabi che erano l’orgoglio dell’Istituto incremento ippico, ora a rischio di incorporazione nell’Ente sviluppo agricolo siciliano. Operazione stoppata dalla politica. Senza dimenticare che chiudere un ente, tra nomina di commissari e procedure di liquidazione, può esser nell’immediato più costoso che tenerlo in vita (con le sue clientele). 

CHE la normativa taglia-enti sia un ginepraio è assodato e condiviso. Nell’ottobre 2013 gli uffici della Camera hanno dato alle stampe un dossier tematico di 74 pagine. A pagina 14, paragrafo 5.1, sta scritto così: «L’effetto combinato delle criticità fin qui rilevate ha di fatto impedito che l’andamento della normativa taglia­enti procedesse in modo ordinato e coerente, forse in assenza di una strategia di fondo unitaria e di una chiara visione d’insieme degli interventi da mettere in atto». Tre anni dopo, nessuna novità.