Mercoledì 24 Aprile 2024

Elezioni regionali Sicilia, dal Ponte al bollo auto. Miliardi di sprechi e solo promesse

Si vota nella Regione dove la politica ha il costo più alto d'Europa. Ma nessun candidato vuole tagliare i tanti privilegi Elezioni regionali Sicilia, 5 novembre: cosa c'è da sapere

Elezioni in Sicilia, si vota il 5 novembre (Ansa)

Elezioni in Sicilia, si vota il 5 novembre (Ansa)

Palermo, 4 novembre 2017 - Visto che la Sicilia è sempre stata l’esagerazione dell’Italia, nel bene e nel male, e che come spiegava il primo ministro francese Georges Clemenceau «non si dicono mai tante bugie quante prima delle elezioni, durante la guerra e dopo la caccia», poco c’è da stupirsi che anche questa campagna siciliana si sia conclusa con i fuochi d’artificio dell’iperbole pubblica, inevitabile scivolamento elettoralistico di quando la politica prova a ragionare al futuro senza conservare la minima contezza del passato: la regione è tecnicamente fallita per i troppi sprechi, qualche mese fa la Corte dei conti ha dato il via libera all’ultimo bilancio solo per carità di patria, dopo che la procura della stessa Corte ne aveva chiesto la bocciatura per le numerose «irregolarità» contenute. I forestali siciliani sono ormai un topos letterario del genere giornalistico anticasta, eppure ancora una volta la battaglia finale per Palazzo d’Orleans si è combattuta a colpi di promesse. Ovviamente promesse di nuove spese.

Elezioni regionali Sicilia, 5 novembre: cosa c'è da sapere

Neppure i grillini, che a Roma assaltano il palazzo con i proiettili dell’antipolitica, in Sicilia se la sono sentita di fare della guerra ai vitalizi, degli sprechi della classe dirigente, delle auto blu, dello sproporzionato numero dei funzionari la trama principale della propria narrazione. La Sicilia ha il costo della politica più alto d’Europa come sentenziò nel 2015 la sezione regionale della Corte dei conti, ma nessun partito ha chiesto il taglio dei gettoni di presenza dei comuni, l’azzeramento dei vitalizi, la riduzione dell’astronomico bilancio dell’Ars (il parlamentino regionale) che tocca quota 170 milioni, quattro volte quello di Toscana o Emilia-Romagna. Neppure Grillo ha agitato le forbici del risparmio, chiedendo anzi più margini di autonomia ‘modello Catalogna’, scordandosi della fiumana di sperperi che i soldi autonomi della Sicilia producono, tipo la spesa di 2 miliardi per i dipendenti pubblici quando il totale del costo italiano è 6.

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E se non ci è riuscito Grillo a evitare di buttarla sui soldi, figurarsi se poteva essere Berlusconi. Lui, l’uomo che a Roma salì sul palco di piazza San Giovanni dicendo «troverò la cura per il cancro in tre anni», non era certo il più adatto alla moderazione pre-elettorale. E così ha dato il meglio di sé, rispolverando il solito armamentario vintage, sperando di riconquistare le posizioni perse rivolgendosi al suo pubblico, a chi lo conosce bene, lo votava ma si era un po’ stufato e stava a casa.

Il Cavaliere ha fatto riascoltare la solita musica ai soliti orecchi, cercando di risvegliarli come si fa a chi si trova in coma dopo uno choc. E quindi ecco il catalogo delle promesse che non badano a spese, dal solito Ponte sullo Stretto che vale una decina di miliardi, all’abolizione del bollo auto (6/700 milioni), a un generico piano Marshall per la Sicilia che non sa neppure Berlusconi quanto costa visto che lo ha quantificato in «2, 3, 4 miliardi», salvo poi correggersi a «5, 6» nel comizio di un paio d’ore dopo. Dettagli ininfluenti, cui bada chi non conosce l’arte della politica e scambia significato per significante. Non sono certo le cifre a far la differenza.

Come sa anche il Pd, che pure le ha sparate grosse. Non l’ha fatto il segretario Matteo Renzi, che di promesse se ne intende ma che in questi giorni si trovava da Obama e da queste parti la sparata sul ponte l’aveva già fatta nel settembre 2016 («porterà 100mila posti di lavoro»). L’hanno fatta per lui alcuni ministri. Per esempio quello dei Trasporti Graziano Delrio, sceso due volte in Sicilia con una valigiata di miliardi, sulla carta, da distribuire nei prossimi anni nei cantieri per strade e ferrovie. «Ci sono 2,5 miliardi già impegnati e un’altra decina pronti a essere spesi nei prossimi anni», ha detto Delrio il 17 e il 23 ottobre, a Palermo e Caltanissetta. E i siciliani, che di promesse se ne intendono, quando sentono parlare di cantieri si lucidano subito le orecchie.