Grillo, l'incubo della frenata choc. Le urne sgonfiano il partitone web

Perse le città simbolo. Toninelli: restiamo la seconda forza nazionale

Parvin Tadjk, la moglie di Grillo al voto, anche lei con il casco (LaPresse)

Parvin Tadjk, la moglie di Grillo al voto, anche lei con il casco (LaPresse)

Roma, 12 giugno 2017 - Un tempo, il Movimento 5 Stelle radunava folle oceaniche ai comizi di Beppe Grillo. C’è, invece, una foto di giovedì scorso, che immortala meglio di molte altre, quello che è oggi - almeno a livello locale - il peso sul territorio di quel ‘partitone’ che nel 2013 avrebbe dovuto "aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno": solo 350 persone davanti al palco del leader stellato nel comizio di chiusura nel suo feudo, Genova. Oggi, è un altro tempo, quello dell’uscita di scena dei 5 stelle dai ballottaggi per le amministrative.

Una debacle senza appello, che tuttavia Danilo Toninelli, uomo ‘forte’ del Movimento, legge in altro modo: "Vedrete che domani saremo se non la prima, la seconda forza politica nazionale, al di là dello schermo delle liste civiche". I dati raccontano invece un Grillo che con i suoi ha pagato un prezzo alto, molto alto, per le loro liti e per i problemi interni. A Genova, poi, per quel "fidatevi di me" con cui il ‘capo in seconda’ del Movimento aveva decretato l’esclusione della Cassimatis per far spazio al giovane Pirondini, alla fine è stato bocciato dai cittadini. Pirondini ha portato a casa un terzo posto possibile intorno al 18% che lo tiene comunque a distanza importante dal ballottaggio.

Un'onda negativa di consenso che da Genova si è spostata verso Parma. E quindi verso il sud, con Palermo non pervenuta e Trapani che fa segnare un faticoso terzo posto. Taranto, unica città del sud a regalare un brivido a 5 stelle; Francesco Nevoli, il candidato sindaco grillino, sfiora il ballottaggio con un possibile 16% , mentre a Palermo Ugo Forello si è arenato intorno al 23%, con Leoluca Orlando che non ha fatto prigionieri, passando al primo turno.

Ma, certo, quel che brucia è senz’altro Parma. Quel "tutti contro Pizzarotti" si è trasformato in una sconfitta collettiva, ma Daniele Ghirarduzzi, il grillino 61enne sfidante dell’ex grillino reietto Pizzarotti, è stato quello che forse ha portato a casa il risultato peggiore; solo un 4%, secondo gli exit poll, che la dice lunga su quanto, alla fine, conti meno un simbolo e una bandiera rispetto a un buon amministratore quale si è dimostrato il sindaco Federico Pizzarotti. Infine Verona, dove il candidato Alessandro Gennari arriva anche lui terzo, con un risultato intorno al 12%.

Ma la miopia stellata, quando si tratta di scegliere i candidati sulle poltrone che contano, è ormai proverbiale. Il caso Raggi è considerato di scuola e molto di questo voto amministrativo, almeno a sentire i sondaggisti, risente di quanto dimostrato in questo primo anno di amministrazione dalla sindaca di Roma sulla soluzione dei problemi della Capitale; un nulla peggiore della devastazione lasciata dai suoi predecessori. Insomma, alla fine il Movimento 5 stelle sembra fuori dai giochi, nonostante punti al governo del Paese senza essere presente nelle principali città del territorio nazionale. E’ cambiato davvero molto dalle amministrative di un anno fa, con i risultati di Roma e Torino. Oggi, eccoci davanti a una deblace che evidenzia, da nord a sud dello Stivale, problemi pesanti che coinvolgono direttamente i vertici del Movimento. Tra liti, correnti e colpi di mano, che hanno davvero poco da invidiare al Pd.