Elezioni 2018, la carta Maroni scuote l'alleanza. Salvini infuriato sospetta l'inciucio

La Lega teme che l'ex ministro possa essere l'uomo delle larghe intese

Matteo Salvini e Roberto Maroni (Newpress)

Matteo Salvini e Roberto Maroni (Newpress)

Roma, 9 gennaio 2018 - Tutto sembrava fatto. Ogni casella era andata al suo posto, ma la rinuncia di Maroni rischia di rimettere tutto in discussione. Anzitutto perché con un effetto domino non è più chiaro chi sarà candidato non solo in Lombardia pure nelle altre regioni in cui si voterà (Friuli Venezia Giulia, Molise, Lazio); ma specialmente in quanto le ragioni vere della rinuncia del governatore tornano ad alimentare un clima di sospetti che appariva superato tra i partner della futura alleanza. Nessuno davvero crede fino in fondo alla motivazione «privata» e confidata da tempo gli amici secondo cui avrebbe deciso di cambiare vita, angustiato dalle inchieste della magistratura e dalle lotte interne alla Lega di cui si sentiva bersaglio. In realtà sono molti a ritenere che abbia in mente qualcosa di più ambizioso: fare il ministro (dell’Interno) o addirittura il premier nel caso in cui dovesse vincere il centrodestra alle elezioni con il consenso del Cavaliere. Una voce sempre smentita ma che circola dall’estate: questo, però, riguarda il futuro.    Nell'immediato c’è il problema di trovare un sostituto: si racconta che Salvini sia furente, ad Arcore assicurano che nemmeno Berlusconi l’abbia presa bene. La prima delle due è evidente: per il leader leghista è solo una complicazione che rischia di guastargli la festa in Lombardia. Il nome di Fontana appare meno forte di quello della Gelmini, ma Matteo è convinto che pagherebbe cara la rinuncia alla regione e non se la sente di dirottare al Pirellone Giorgetti, malgrado l’insistenza del Cavaliere. Soprattutto, però, la mossa di Maroni rischia di complicargli la vita politica dopo il 4 marzo. Un colpo basso, lo definisce con i fedelissimi, un fuoco amico esploso quando meno se lo aspettava.

Poi è vero: la rivalità con il governatore ha radici lunghe e contorte, che affondano agli albori dell’escalation nella Lega di Salvini, quando lui impugnò la ramazza per far fuori la vecchia guardia di Bossi. Con Bobo, insomma, ha lo stesso rapporto di Renzi con D’Alema.  In questo quadro, sente puzza di complotto, ragion per cui cerca di sbarrare la strada al governatore avvertendo che non sarà ricandidato, «se uno non si ricandida in Regione per motivi personali perché deve andare in Parlamento?». 

Quanto all’ira di Berlusconi c’è chi ne dubita. Anzi, sostiene che a Silvio in cuor suo questa decisione possa non dispiacere. In quanto gli dà un’ulteriore carta da giocare nel dopo elezioni. Non solo in caso di vittoria del centrodestra: anche se uscisse una situazione d’impasse il governatore potrebbe essere la ‘testa d’ariete’ di un Carroccio con cui dialogare – conoscendo la contrarietà alle larghe intese di Salvini – per costruire un governo con il Pd. «Scenario surreale», assicurano le persone vicine all’ex premier. 

«Sarebbe stato più semplice far rivincere Maroni in Lombardia, quindi candidarlo a Roma così avevamo la Lega in mano. In realtà la telefonata in cui Bobo comunicava la rinuncia ha spiazzato anche Berlusconi». Conoscendo gli ottimi rapporti tra i due (a dicembre si sono visti più volte) le voci di inciucio fanno crescere la furia di Salvini contro l’alleato: in fin dei conti, ragionano a via Bellerio, Berlusconi non tramò con i colonnelli di An legandoli a sé per depotenziare Fini? L’aria torna a farsi pesante nel centrodestra: c’è bisogno di far depositare la polvere. Così, viene rinviato l’insediamento delle due commissioni (programma e candidati): anche i sondaggi sui nomi migliori per aggiudicarsi Lombardia e Lazio alle regionali serviranno a chiarire le idee, dicono gli azzurri al termine dell’incontro serale ad Arcore tra Giorgetti e Berlusconi. Che su un punto non transige: non vuole Tremonti in lista. Non gli ha perdonato il presunto golpe del 2011 nel quale, secondo lui, avrebbe avuto una parte che l’ex ministro nega.