Elezioni 2018, Di Maio: io, premier con chi ci sta

Il leader del M5S: alle elezioni puntiamo a essere primi col 40%. Ma se necessario cercheremo alleati su programmi chiari. Le nostre proposte su pensioni, tasse e povertà

Luigi Di Maio (Ansa)

Luigi Di Maio (Ansa)

Roma, 6 gennaio 2018 - La squadra di governo verrà annunciata nel giro di qualche settimana, con l’obiettivo di conquistare la maggioranza e di governare «da soli». Ma «se così non dovesse essere, non lasceremo il Paese nel caos e non rimarremo nell’angolo e fin dalla sera del voto proporremo a tutte le forze politiche un tavolo per un’intesa sui programmi alla luce del sole». Luigi Di Maio respinge al mittente le accuse sul nuovo Statuto del Movimento («I partiti che ci attaccano sul vincolo di mandato sono gli stessi che poi, tra i voltagabbana, fanno campagna acquisti»), incassa l’esito della corsa alle parlamentarie («Un successo e anche una risposta a chi dice che la gente è stanca della politica») e rilancia l’appello: «Anche per i collegi uninominali chiediamo ai migliori di farsi avanti». Ma è soprattutto sul programma di politica economica che il candidato premier dei 5 Stelle vuole puntare.

E allora partiamo da uno dei vostri cavalli di battaglia: il reddito di cittadinanza. Come potrebbe essere costruito e a chi dovrebbe essere destinato?

«Deve essere chiara una cosa. Per noi è inaccettabile che un italiano che vive con meno di 780 euro al mese possa essere lasciato solo. O che una famiglia con 2 figli possa vivere con meno di 1.638 euro senza un aiuto da parte dello Stato. Il reddito di cittadinanza, nella nostra proposta, dunque, servirà ad accompagnare i cittadini in difficoltà durante una fase di transizione che può durare qualche anno. Ciò che vogliamo è garantire una vita dignitosa, da subito, a chi oggi vive sotto la soglia di povertà stabilita da Eurostat. Daremo un sostegno che varia in base al numero di componenti familiari e che è di 780 euro mensili per i single a reddito zero, ma che può arrivare a 1.950 euro per una famiglia senza reddito di 4 persone».

Non c’è il rischio che questa soluzione spinga i disoccupati verso la trappola dell’inattività? Come impedirlo?

«Il reddito di cittadinanza è anche una misura attiva di reinserimento. E’ condizionato alla formazione e alla ricerca del lavoro e alla terza offerta rifiutata si perde il diritto al sostegno. La misura prevede, in aggiunta, 2,1 miliardi per rilanciare i centri per l’impiego, per facilitare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. I rischi che si trasformi in assistenzialismo sono inesistenti».

Sul versante del lavoro, che cosa farete del Jobs Act? Intendete ripristinare l’articolo 18?

«Il Jobs Act ha fallito clamorosamente, drogando il mercato del lavoro con incentivi temporanei. Per le imprese sopra i 15 dipendenti serve una drastica riduzione del cuneo fiscale, strutturale, a beneficio anche dei lavoratori».

E per i giovani?

«Puntiamo su due interventi: il rilancio degli investimenti nei settori più innovativi e l’abbassamento dell’età pensionabile, in modo da lasciare spazio ai nuovi lavoratori».

Sul fisco che cosa devono attendersi famiglie e imprese?

«Abbiamo in cantiere una drastica riduzione delle tasse, se necessario anche a deficit. Per le famiglie la riforma dell’Irpef: con riduzione degli scaglioni e delle aliquote ed estensione della no tax area , con vantaggi ulteriori per chi ha figli. A beneficiarne sarà principalmente il ceto medio. Per le imprese, oltre al taglio del cuneo fiscale, vogliamo abolire l’Irap e sburocratizzare il fisco».

C’è chi teme, però, che vogliate colpire proprio il ceto medio, rimettendo la tassa sulla prima casa e introducendo addirittura una patrimoniale.

«Non abbiamo in mente nessuna patrimoniale. Il ceto medio, anzi, sarà il maggior beneficiario della rimodulazione delle aliquote Irpef e della nuova occupazione».

Arriviamo al dunque: chi pagherà il conto di questo vasto programma di spesa pubblica? Assisteremo a un aumento esponenziale del debito pubblico?

«Al contrario. Stiamo lavorando a un piano per abbattere il rapporto debito/Pil di 40 punti percentuali nel corso di due legislature, attraverso un mix intelligente di crescita e spending review».

Sì, ma come e dove tagliare la spesa quantomeno per finanziarie gli interventi più immediati?

«Il piano Cottarelli, che Renzi di fatto ha ignorato, è un’ottima base, ma andremo anche oltre. Dalle partecipate alle pensioni d’oro passando per le missioni internazionali, l’intervento sulle tax expenditures , l’eliminazione dei 18 miliardi di sussidi alle fonti fossili e l’emersione dell’evasione grazie alla sburocratizzazione del sistema di riscossione. Contiamo di recuperare 50 miliardi di sprechi da reinvestire nella riduzione strutturale delle tasse. Abbiamo la credibilità per fare quello che i partiti hanno solo promesso».

Pensioni d’oro: sopra quali importi si deve tagliare? E come?

«Sulle pensioni da 5.000 euro netti in su, nella parte non coperta dai contributi versati. Conosciamo il dibattito sui diritti acquisiti e sulla possibilità dei ricorsi, ma una soluzione si deve trovare. La Corte Costituzionale ha suggerito di tagliare tutte le pensioni per poi redistribuire i risparmi da quelle d’oro a quelle più basse. In questo modo non ci sarebbero problemi di costituzionalità perché il taglio non sarebbe selettivo. Valuteremo la soluzione più efficace, ma le pensioni d’oro vanno tagliate e quelle più basse incrementate».

Veniamo al capitolo grandi opere: che sorte avranno le infrastrutture strategiche come i gasdotti, la Tav e così via?

«Valuteremo caso per caso l’utilità delle opere già in cantiere. Noi siamo per il ritorno agli investimenti nella manutenzione e nelle piccole opere diffuse, a partire dal trasporto pubblico locale e dalle tratte ferroviarie regionali. Elimineremo i progetti inutili, tra i quali sicuramente la Tav. Anche con queste risorse risparmiate abbasseremo le tasse».

Dal programma al governo e alle alleanze: se sarete il primo partito ma senza la maggioranza in Parlamento, come vi muoverete? Liberi e uguali di Grasso e Bersani o la Lega di Salvini possono essere interlocutori?

«Già oggi siamo la prima forza politica del Paese, in Sicilia siamo arrivati al 35%, sappiamo di avere buone probabilità, da qui al 4 marzo, di arrivare al 40%. Ma se così non dovesse essere non lasceremo il Paese nel caos e non rimarremo nell’angolo, ci assumeremo la responsabilità di fare un governo. La sera del voto proporremo a tutte le forze politiche un tavolo per un’intesa sui programmi alla luce del sole: significa che chi ci sosterrà lo farà sulla base delle nostre proposte per il Paese, senza inciuci e scambi di poltrone».

Ma quale sarà la vostra squadra di governo: può anticiparci qualche nome o comunque l’identikit dei futuri ministri?

«Gli italiani conosceranno i nomi prima delle elezioni. Avremo una squadra di persone capaci, oneste, competenti, e parlo non della competenza dei tecnici che abbiamo già visto all’opera in questi anni e che sono stati in grado di fare solo tagli alla spesa sociale, ma parlo della competenza di chi è in grado di amministrare un Paese mettendo al centro le persone e i loro bisogni. Competenza e sensibilità sono per noi requisiti fondamentali».