Giovedì 18 Aprile 2024

Macaluso: "D'Alema fa il radicale per tornare in scena"

L'ex dirigente del Pci critico: "Troppi personalismi. Ha cultura politica, ma sbaglia. Il vero pericolo per Mdp ora è Gentiloni perché l'Europa ha già archiviato Renzi"

Emanuele Macaluso

Emanuele Macaluso

Roma, 5 ottobre 2017 - «Rispondo alle provocazioni – disse Massimo D’Alema, leader di Mdp, mesi fa a Genzano, paesone alle porte di Roma –: non voglio fondare Lotta Continua. Se avessi voluto lo avrei fatto in giovane età...». Eppure, l’accusa che gli rivolgono ora è proprio questa: ti sei radicalizzato, sembri più Fausto Bertinotti che un riformatore. L’estremista che provocò la caduta del governo Prodi favorendo il ritorno del Cavaliere. Vero? Falso? «Ah, mica male come domanda – sorride un antico militante della sinistra come Emanuele Macaluso, colonna del Pci, già direttore dell’Unità, saggista, ora battitore libero –. Secondo me, pur essendo dotato di solida cultura politica, ha un comportamento determinato dal personalismo».

Ammetterà però che Giuliano Pisapia è l’‘indeciso a tutto’... «Può darsi. Ma fino a un certo punto. L’ex sindaco di Milano ha sempre detto che voleva un centrosinistra alleato col Partito democratico. Voleva, vuole, vorrebbe mettere d’accordo i cosiddetti ‘fuorusciti’ del Pd, cioè Articolo 1-Mdp, con il Nazareno. Si è adoperato con un dialogante Pier Luigi Bersani. All’inizio. Adesso, invece, con la radicalizzazione di Mdp, è in crisi: come fare a tenere insieme la sua squadra con D’Alema e gli altri? Mantiene la posizione, pur con ovvie incertezze dovute alla difficoltà di giocare su due fronti».

Voce di palazzo divenuta voce di popolo sostiene che Renzi avesse promesso a D’Alema il ruolo di ministro degli esteri della Ue. «Macché voce di Palazzo, è vero».

Allora Renzi non ha rispettato i patti? «No, di sicuro non li ha rispettati. E Massimo se l’è legata al classico dito».

Ma perché D’Alema sarebbe così terribilmente di estrema sinistra? «Pensa di ritagliarsi un ruolo di primo piano assumendo posizioni più radicali. Vuol tornare al centro della scena».

Eppure non è tipo cui manchi il senso del partito come comunità. «Abbia pazienza, mi pare difficile sostenere una tesi simile. Quando divenne segretario del Pds nel 1994 di tutto si occupò – dall’accordo con Silvio Berlusconi per la Bicamerale alla corsa per Palazzo Chigi – salvo che del partito...».

Ma davvero secondo lei è così ‘divisivo’ come afferma l’ex parlamentare di Rifondazione comunista Pisapia? «Non credo sia questo il problema. Certo è che se c’è una lotta tra lui e Renzi, molto forte è anche l’avversione della stragrande maggioranza dei democratici, anche se francamente con toni esagerati. Polemizzano sin troppo con lui».

E Renzi? «Il partito è suo. Ha gioito per l’uscita di D’Alema. Ma l’opinione pubblica non lo ama».

Ecco perché Mdp lo attacca... «Ma nemmeno per idea. L’obiettivo di Roberto Speranza e degli altri è colpire Paolo Gentiloni. Lui sì che è percepito come un pericolo. Con chiarezza: ha capito che la politica è condivisione. Non vuol fare l’uomo solo al comando. E poi la Merkel e gli altri leader Ue hanno archiviato Renzi. Quindi il vero pericolo è lui...».