Mercoledì 24 Aprile 2024

Caso Boschi, affondo di Cuperlo. "Doveva stare fuori dal governo"

Avvertimento a Renzi: "Basta accuse di potere, rifondiamo il partito"

Il premier Paolo Gentiloni e il sottosegretario Maria Elena Boschi (Ansa)

Il premier Paolo Gentiloni e il sottosegretario Maria Elena Boschi (Ansa)

Roma, 18 dicembre 2017 - Gianni Cuperlo, già presidente del Pd, è il leader di Sinistra dem e su posizioni molto critiche rispetto al Pd renziano.

I sondaggi danno il Pd al 23,4%…

«Se corri veloce contro un muro e alla fine ti fai male, non ha senso prendersela col muro. Il Pd perde consensi da tre anni ma il vertice non ne ha mai voluto indagare la ragione. Vanno rivendicate cose buone, come il bio-testamento, ma se milioni di persone ti voltano le spalle e tu continui a dire che tutto va bene, il muro si fa sempre più vicino».

Renzi è entrato in modalità arrocco?

«Il rapporto del gruppo dirigente del Pd con il Paese si è incrinato. Il referendum istituzionale lo certificò, ma vi fu chi rivendicò il 40% come un dato da cui ripartire. Ma avevamo perso contro il 60% e per ragioni profonde».

Un errore pretendere la commissione sulle banche?

«Se Renzi voleva indicare la via legislativa per evitare altri scandali doveva partire molto prima. L’errore è stato arrivarci a scadenza di legislatura, quando il rischio di trasformarla in un’arena pre-elettorale impropria è alto».

La Boschi dovrebbe dimettersi?

«Boschi ha smentito le accuse, ma avrebbe fatto bene a seguire l’esempio di Renzi e, dopo la sconfitta della sua riforma, non entrare al governo. Ci sono momenti della vita politica in cui dire dei no aiuta a difendere la propria credibilità».

Ma è un ‘problema’ per il Pd?

«Il problema del Pd è che troppo spesso trasmette un’ansia del potere come fine. Penso a quel pugno di voti confluiti l’altro giorno su Micciché in Sicilia. Ci sono realtà dove io farei fatica a iscrivermi a questo Pd».

Capitolo alleanze. Le liste collegate appaiono deboli.

«Se la domanda è ‘era meglio costruire una coalizione larga assieme a Grasso e Pisapia?’ la mia risposta è sì. Non solo era meglio ma fino all’ultimo avremmo dovuto tentare. Ho chiesto al Pd di introdurre il voto disgiunto. Si è risposto con la miopia di chi pensa agli altri come all’intendenza che segue e il muro si è avvicinato di un altro po’. Adesso serve un cambio di direzione».

Quale rapporto mantenere con Mdp, fratelli/coltelli?

«Bisogna evitare una campagna fratricida, a sinistra. Io voglio battere la destra perché temo un Paese nelle mani di forze e valori ostili al minimo sindacale della civiltà e della democrazia. C’è chi lo farà dal Pd mentre altri lo faranno da posizioni e con scelte diverse. Serve rispetto tra chi negli ultimi vent’anni ha combattuto nello stesso campo. Certo, la sfida è difficile: il campo è diviso».

Dopo il voto, governo di larghe intese o M5S-LeU?

«Renzi ha escluso qualunque accordo con la destra. Per me sarà così. L’obiettivo deve essere quello di gettare le basi di un’alleanza con le forze e le culture più prossime. Quando leggo di tattiche spavalde per sfidare nei collegi le personalità della sinistra uscite dal Pd viene spontaneo pensare ‘Quos vult Iupiter perdere dementat prius’ (a quelli che vuole rovinare, Giove toglie prima la ragione, ndr)»

Quale ruolo per Gentiloni prima e dopo il voto?

«È il capo del governo. Ha introdotto uno stile e un profilo propri. Li preservi».

Quale contributo può dare la sua area, convocata il 13 gennaio a Roma, al Pd? Lei si candiderà? E dove?

«Lì indicheremo proposte di discontinuità. Dopo il voto bisognerà riflettere su tutto. Al centro dovranno stare la costruzione di un nuovo centrosinistra e la rifondazione del Pd. Mi candiderò se mi verrà chiesto e solo se queste idee avranno spazio e agibilità. Io non cerco posti».