Giovedì 18 Aprile 2024

Berlusconi, Strasburgo decide sulla candidabilità

Il leader di Forza Italia: "Io, baluardo anti Grillo"

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Roma, 22 novembre 2017 - La voglia di restare al centro del ring è incontenibile: ritiene che nessuno al di fuori di lui possa fermare l’ascesa al potere dei cinquestelle. Sembra dunque scontato, al Cavaliere, mettere la sordina al passaggio forse più delicato della sua carriera che si consumerà oggi a Strasburgo. «Quasi quasi – confida un forzista – l’ordine è di non parlarne». Facile a dirsi, più difficile a farsi.    Del resto, è questione di ore, forse di giorni ma poi qualcosa filtrerà dalla Corte europea dei diritti, malgrado l’impegno dei giudici al segreto. In teoria, bisognerebbe attendere la sentenza che arriverà – forse – fra sei mesi. In realtà questo pomeriggio si riunirà la Grand Chamber, ci sarà un giro di tavolo in cui ad uno ad uno i 17 membri diranno se, secondo loro, fu giusto o sbagliato applicare all’ex premier la legge Severino, con conseguente espulsione dal Parlamento, e lì si capirà qual è l’orientamento prevalente in vista della stesura del verdetto che farà il relatore. Figurarsi se qualche voce non giungerà all’orecchio del Cavaliere, che pure si mostra scettico con i suoi sul risultato, preparando in pubblico il terreno a qualunque esito: «Dopo cinque anni spero che la Corte accolga in tempi brevi il ricorso ma indipendentemente dalla candidabilità, sarò in campo», spiega a 105 Matrix.

Nel suo giro – dove solo pochi giorni fa si è saputa la composizione del collegio – sono meno pessimisti. È vero che difficilmente il verdetto può arrivare in tempo utile, soprattutto se si voterà a marzo, però il Cavaliere potrebbe usare questa situazione impostando la campagna elettorale da vittima di una persecuzione che, malgrado tutto, si spende per il suo Paese. Di qui, il distacco ostentato verso Strasburgo – dove si gioca una partita comunque politica – e l’impegno in un’offensiva mediatica che culminerà domenica con la partecipazione a che tempo che fa e alla chiusura della kermesse milanese organizzata dalla Gelmini. «Sono l’unico in grado di convincere gli italiani a non votare M5s», spiega. Si sente quello del ’94 anche se l’avversario è diverso: con buona pace di Renzi che lo sfida, casomai fosse candidabile, a presentarsi nello stesso collegio, per il Cavaliere i «cattivi» non sono più i comunisti ma i grillini. «Hanno un programma delirante, che vuole massacrare il ceto medio. Io li contrasterò».    Con l'aiuto di una coalizione unita attorno a FI 2.0: «Serve un radicale rinnovamento delle persone che andranno al Parlamento e al governo: me ne sto occupando personalmente». Tanto che per il Lazio pensa a un personaggio come il giornalista Paolo Liguori. Raccoglie con soddisfazione l’omaggio di un avversario storico qual è l’ex direttore di Repubblica, Scalfari, che di fronte alla scelta Di Maio–Berlusconi, dice che affiderebbe il Paese al leader FI: «È una persona intelligente», sorride. Torna serio quando deve parlare della sconfitta italiana per l’Ema («Il Paese non ha il prestigio che aveva con me»).