Sabato 20 Aprile 2024

Di Battista, il ‘gallo cedrone’ delle gaffe

Sbaglia i verbi ma sogna da leader

Alessandro Di Battista (Effimera)

Alessandro Di Battista (Effimera)

Roma, 15 dicembre 2016 - A vedere il video, virale sul web, nel quale Alessandro Di Battista, con cipiglio da caudillo sudamericano, arringa le telecamere con un soffofondo musicale da kolossal e inciampa, alla fine, in uno sfondone («Io voglio che i cittadini devono votare») si potrebbe pensare di essere ancora davanti all’arrogante ‘Gallo Cedrone’ del Movimento 5 Stelle, quello buono solo come ruspante arruffapopoli delle piazze, ma poi dentro il casco della moto – nulla. Errore clamoroso. Ale ‘Dibba’ non è più quello che, agli esordi parlamentari, solcava il Transatlantico di Montecitorio con ridicolo passo marziale (forse ereditato da papà Vittorio, ex consigliere comunale di Civita Castellana per l’Msi), guardando i giornalisti con manifesto disprezzo e da essi ricambiato con uguale trasporto.

E nonè neppure più quello che, con i suoi strafalcioni, le gaffe, le bufale, le sparate a raffica sulla tastiera, roba che intasava il blog di Grillo con le sue deliranti tesi di politica estera, si poteva pensare più proiettato verso il cabaret che ad altro. Dibba oggi è altro. È cresciuto, maturato, anche se la mamma gli porta ancora il caffellatte a letto quando è a casa: più temibile anche dentro il M5S. Si è ritagliato addosso il personaggio che i suoi leader hanno deciso per lui e lo recita alla perfezione. Piace. Faccia da schiaffi e passione rivoluzionaria, elementi di ‘sopravvivenza’, imparati forse nelle peregrinazioni in Sud America, «fricchettone con lo zaino in spalla». Una ‘miscela piaciona’ che Dibba trasmette alla gente, nelle piazze, tra i militanti che lo adorano e le donne che gli cascano ai piedi e lui che le guarda dall’alto in basso, non si sa se per maleducazione o semplice disprezzo. Al ‘popolo’ – e non solo a quello pentastellato – il numero due del Movimento, che potrebbe contendere serenamente la leadership a Luigi Di Maio se solo lo volesse (ma non vuole, è un soldato che obbedisce) racconta la storia della rabbia e frustrazione di questo tempo, nei toni che vuole la massa e contro la classe dirigente a cui augura «la dissoluzione». Gli applausi scrosciano.

Dibba sa quel che serve, incalanare il dissenso e veicolarne la potenza di fuoco, oggi molto alta, verso la crescita elettorale del M5S; lotta dura a chi parla di «sovranità del popolo», ma spaccia «privazione dei diritti», far la differenza tra «chi china la testa e chi cammina a testa in su» (titolo del suo libro).

Dibba premier, allora? Si proclama di sinistra, ma la sinistra lo guarda con raccapriccio, nel Movimento fa quello che vuole, tra l’invidia di molti. Difendeva la sindaca Raggi, ora vola basso, per prudenza. Vuole «andare a governare», ma non conosce l’anno di nascita della Costituzione, eppure il popolo lo perdona e lo vuole leader. Grillo, forse, dovrà farsene una ragione. E con lui tutti quelli (tanti) che, dentro il Movimento, non lo amano neanche un po’.