Mercoledì 24 Aprile 2024

25 aprile, è un’Anpi senza partigiani. La guerra ora si fa al Pd

Trasformazione generazionale e svolta movimentista

ANPI (Ansa)

ANPI (Ansa)

Roma, 25v aprile 2017 - E PENSARE che Carlo Smuraglia (classe 1923, avvocato e docente di diritto del lavoro, senatore del Pds-Ds dal 1992 fino al 2006) era stato eletto per ‘decomuninistizzare’ l’Anpi. Per renderlo, cioè, un po’ meno tempio algido e nostalgico della sinistra comunista che fu e un po’ più casa comune del centrosinistra e poi del Pd. Correva l’anno 2011: dopo le due brevi presidenze Casali e Ricci, incolori anche perché seguivano quella cinquantennale di Arrigo Boldrini, il mitico comandante ‘Bulow’ delle Brigate Garibaldi, l’Anpi, al XV congresso, elegge Smuraglia presidente nazionale. E sì, certo, Armando Cossutta, storico campione di filosovietismo, era al suo fianco come vicepresidente (e lo resterà sino alla morte), ma insomma, l’obiettivo (teorico) era rendere l’Anpi meno burocratico e meno stalinista, meno rigido e impettito. Eppure, la prima, e assai furba, rivoluzione dell’Anpi, funziona.    DAL 2006 anche i «non partigiani» si possono iscrivere: le tessere schizzano da 83 mila a 125 mila, una piccola massa di giovani, 15 mila (circa il 19%), accorre e sopravanza i 5 mila partigiani superstiti (poco più del 6%), le cariche direttive sono appannaggio dei cinquantenni mentre il grosso degli iscritti (70 mila) ha tra i 40 e i 70 anni d’età. Per il resto, invece, il tentativo del Pd di ‘normalizzare’ l’Anpi e di renderlo innocuo – come l’Arci, per dire – si rivela un disastro. Polemiche, liti, spaccature continue – compresi alcuni vecchi partigiani che, indignati, si cancellano dall’associazione – innescano il processo opposto: la sterzata a sinistra che, più di altri (la stessa Cgil), vuole fare dell’Anpi la casa di tutti gli anti-Pd.

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  LA SCINTILLA, però, sono sempre i rapporti con la comunità ebraica. Nel 2014 scontri e spintoni ai cortei di Roma come pure a Milano. Nel 2015 la comunità ebraica dice basta e inizia a stare per conto suo fino alla rottura definitiva, quella in vista del 25 aprile di oggi. Ma se l’espulsione di fatto degli eredi della Brigata ebraica dal corteo dell’Anpi romano è solo l’ultimo episodio di una lunga serie, anche qui c’entra la politica. Il presidente romano dell’Anpi, Fabrizio De Sanctis, ha iniziato a far politica con la Pantera, ha proseguito nel Pdci di Cossutta e, insomma, il catalogo è questo: chiusura alla comunità ebraica e tanta voglia di rifare la Sinistra. Una Sinistra ‘sociale’ e ‘movimentista’, a cavallo tra idealità e spinte da estrema rabbiosa e arrabbiata, da area centri sociali più che da partiti della sinistra neocomunista ridotti a pulviscoli della Storia (Prc, Pdci), sommata a quel tanto di nuovo che sta nascendo (Mdp, SI), purché si ponga in totale contrapposizione con il Pd. Quel Pd con cui l’Anpi ha rotto tutti i ponti sempre dal 2015, e cioè da quando è arrivato Renzi. Ben prima del 4 dicembre 2016, quando proprio Smuraglia, in nome dei valori dell’antifascismo, divenne il più strenuo campione del fronte del No al referendum.   SOLO a Milano le cose sono diverse: lì c’è stato il 25 aprile 1994, quando persino Bossi scese in piazza insieme con Anpi e sinistra, e oggi c’è un presidente provinciale, Roberto Cenati, che schiera l’Anpi ‘a protezione’ degli ebrei milanesi e si becca, per questo, le minacce dei centri sociali e dei filopalestinesi sui social network. A Milano, dunque, la comunità ebraica sfilerà nel corteo ufficiale e il Pd nazionale, che ha sconfessato il corteo romano, sarà lì. Ma che cosa diventerà, domani, l’Anpi? Con la sua mole di iscritti, la sua presa sui giovani, la sua forza organizzativa unica, a sinistra, la strada è quella della Casa Comune di tutte le Sinistre-Sinistre. Del resto, come ha riconosciuto lo stesso Smuraglia al manifesto, «dobbiamo abituarci all’idea. Il prossimo presidente dell’Anpi non sarà un partigiano». Partigiano vero no, ma ‘partigiano politico’ sì.