Giovedì 25 Aprile 2024

Pietro Maso, minaccia di morte alle sorelle: "Così finisco il lavoro di 25 anni fa"

Verona, telefonate intercettate. Nel 1991 massacrò i genitori

Pietro Maso in una foto di Chi, a destra le sorelle al processo del '92

Pietro Maso in una foto di Chi, a destra le sorelle al processo del '92

Verona, 4 marzo 2016 - ERA la notte fra il 16 e il 17 aprile del 1991 quando, insieme a tre amici, massacrò mamma Rosa e papà Antonio nella loro casa a Montecchia di Corsara per mettere le mani sull’eredità. Ma neppure adesso che ha scontato 22 anni di carcere e sta per compierne 45, Pietro Maso sembra aver appagato la sua follia omicida. «Le mie sorelle? Su di loro devo finire il lavoro di 25 anni fa» il succo di due telefonate intercettate la settimana scorsa dagli investigatori che stavano di nuovo indagando sull’assassino per motivi diversi. E il bello, si fa per dire, è che invece di fermare lui si è deciso di intensificare la sorveglianza di Nadia e Laura, le due sorelle appunto. Per motivi di sicurezza, si capisce, non per dispetto. Però qualcosa non torna lo stesso, in questa giustizia che ha concesso all’autore del massacro anche otto anni di sconto sulla condanna e ora costringe quel che resta della sua famiglia a rivivere un incubo.

Tutto ricomincia durante le ultime vacanze di Natale. Sul cellulare di Nadia arriva da quello del fratello un sms in realtà destinato a Fabio, ex amico milanese di Pietro che gli ha già prestato dei soldi e a quanto pare rifiuta la seconda richiesta. «Adesso pensaci bene, domani ti chiamo e se rispondi bene e fai quello che devi fare, o vengo lì e ti stacco quella testa di c…o che hai». Contenuti e toni sono così violenti che a gennaio le due sorelle si spaventano e decidono di presentare un esposto ai carabinieri. Quel messaggio è solo la conferma di quanto avevano già capito rivedendo il fratello dopo che era uscito dal carcere: un uomo «completamente cambiato, in uno stato confusionale di onnipotenza e in preda a deliri euforici». Chiedono «alle autorità competenti di intervenire urgentemente» nei confronti del fratello e lo fanno con le migliori intenzioni, per aiutarlo e impedire che possa fare del male a se stesso o ad altri come spiegherà poi l’avvocato Rigoli che assiste le due donne da quella orrenda notte del ’91.

MA a quanto pare Pietro Maso non lo capisce e quando finisce di nuovo sotto inchiesta per la tentata estorsione all’amico milanese dice che qualcuno vuol mandarlo in galera a tutti i costi «anche se io stavolta non ho fatto niente». E lavora a un’immagine mediatica di se stesso redento dal carcere e dalla fede, in attesa di aprire in Spagna una non meglio identificata comunità. Peccato che la Procura non abbocchi, anzi, se decide di intensificare la scorta a Nadia e Laura è perché ormai i giudici danno per scontato che l’uomo covi un irrefrenabile desiderio di vendetta.