Mercoledì 24 Aprile 2024

Sognando il pianeta rosso. Un italiano in lizza per Marte

L’italiano Pietro Aliprandi è fra i cento candidati che sperano di superare la prossima selezione e rientrare nell’equipaggio che potrebbe approdare fra dieci anni su Marte. Si tratta del progetto ‘Mars One’, promosso dall’imprenditore olandese Bas Lansdorp, che mira a creare entro il 2025 una colonia permanente di esseri umani sul pianeta rosso

Pietro Aliprandi

Pietro Aliprandi

Ferrara, 24 ottobre 2015 - Il biglietto da staccare è per un viaggio di sola andata. E la destinazione non si trova nei cataloghi di un’agenzia turistica. Perché l’ambizioso progetto ‘Mars One’, promosso dall’imprenditore olandese Bas Lansdorp, è di creare entro il 2025 una colonia permanente di esseri umani sul pianeta rosso. L’attuale tecnologia e i costi dell’operazione non consentirebbero per adesso un volo di ritorno. Un elemento che non avrebbe tuttavia scoraggiato le rischieste di aspiranti astronauti, provenienti da più parti del mondo, per aderire a una missione che all’aspetto scientifico unisce quello del docu-reality. Fra i cento candidati rimasti, che sperano di superare la prossima selezione e rientrare nell’equipaggio che potrebbe approdare fra dieci anni su Marte, c’è anche l’italiano Pietro Aliprandi. Venticinquenne e con una laurea in medicina, il giovane, nato a Trieste e cresciuto a Conegliano Veneto, sarà presente domani, alle 16,20, a uno degli incontri del Festival della luce, in programma a Bondeno.

Come le è nata l’idea di partecipare al progetto?

"In un certo senso, ho sempre avuto l’idea, fin dai tempi in cui ero bambino. Quando a tre, quattro anni di età, la mia testa era rivolta allo spazio".

Cosa l’affascina di questa esperienza?

"Che stia accadendo così presto. Spesso ho pensato di essere nato nell’epoca sbagliata, non ancora pronta per questo genere d’imprese. E poi mi affascina il fatto che si sia risvegliato un interesse del pubblico verso il settore aerospaziale e quello delle esplorazioni".

E cosa invece la spaventa?

"L’aspetto psicologico. Per buona parte del viaggio non si vedrà la Terra. Nessuna simulazione potrà mai restituire la consapevolezza di tale sensazione".

Se dovesse essere selezionato, si sentirà più un osservato o un osservatore speciale?

"Talvolta si è abusato del termine ‘reality’. Io sono più interessato all’aspetto del documentario, ma non mi dispiacerà di essere osservato. Credo sia importante la condivisione di questa esperienza".

Alla motivazione dei partecipanti si contrappone lo scetticismo di chi ritiene improbabile la riuscita della missione. Cosa risponde a chi è dubbioso?

"Penso si riferisca alle contestazioni da parte del Massachusetts institute of technology. Il problema delle critiche è che si basano sui metodi impiegati finora dalla Nasa che, quando pensa a una sua struttura, la immagina a corto raggio, prevedendo un piano di rientro in caso di problema".

Come immagina fra una decina d’anni la sua eventuale permanenza su Marte?

"Me la immagino in modo stimolante, con me impegnato a estendere la base e a svolgere attività semplici, con la percezione di essere il primo terrestre a compierle".

C’è un oggetto che porterebbe con sé nello spazio?

"Una frammento di roccia proveniente dal mare di Trieste, che mi ricordi la città dove sono nato".

Quale è il prossimo passo che l’aspetta adesso?

"Siamo già in una fase avanzata. Nel prossimo anno verrà effettuata un’ulteriore selezione e da cento passeremo a quaranta. Saremo divisi in gruppi da dieci componenti e, dopo una serie di sfide, andranno avanti i migliori quattro gruppi".

E se sentisse il richiamo della Terra?

"Sarebbe un problema di non facile soluzione. Cercherei di coinvolgere il più possibile l’attenzione della Terra".