Piano Junker, i 300 miliardi sono un'incognita

Investimenti: le risorse iniziali saranno appena 21 miliardi. E arrivano dagli Stati membri. La Commissione pesa i bilanci: Italia e Francia promosse fino a marzo. Ma Parigi resta un'osservata speciale. di Emanuele Bonini

Jean-Claude Juncker  parla con Matteo Renzi (Ansa)

Jean-Claude Juncker parla con Matteo Renzi (Ansa)

«QUESTO è il piano Juncker, e dovrà renderne conto lui». Il commento degli addetti ai lavori al tanto atteso pacchetto da 300 miliardi di euro della nuova Commissione europea la dice lunga sulla strategia che oggi il presidente dell’esecutivo comunitario, Jean-Claude Juncker, presenterà all’Aula del Parlamento: riallocazione delle risorse comunitarie già esistenti, fondi da trovare nel bilancio dei prossimi anni, e la speranza che i privati contribuiscano al rilancio dell’Europa.

Un po’ poco. Juncker finalmente mostra le carte in tavola, carte che sanno di bluff. Un dato su tutti: la maxi-manovra dovrebbe generare da qui al 2017 al massimo 1,3 milioni di nuovi posti di lavoro in tutta l’Ue, che conta una popolazione di 500 milioni di abitanti.

Con queste premesse il dibattito di oggi a Strasburgo si annuncia incandescente: gli euroscettici da questo piano hanno tutto da guadagnare perché dà forza ai loro scetticismi, gli alleati di Juncker (socialisti e liberali) tutto da perdere, e dovranno decidere se rinnovargli la fiducia accettando un piano che sa molto di scatola vuota. Juncker propone la creazione di un Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis), gestito dalla Bei, e con risorse per 21 miliardi di euro.

SOLDI freschi? Neanche un centesimo. Cinque miliardi li mette la Bei (finanziata dagli Stati membri), otto miliardi arrivano da risorse già esistenti. Gli altri otto miliardi arriveranno: si tratta di impegni di pagamento. Per ora la mole di denaro contante è di undici miliardi. Poco. Non solo: gli impegni di pagamento, nel gergo di bilancio Ue, significano contributi degli Stati. Dunque spesa pubblica, e aumento di debito. La garanzia Ue-Bei nel fondo Feis dovrebbe permettere, secondo i calcoli di Bruxelles, di racimolare sui mercati risorse per 60 miliardi. Con questi si finanzieranno i progetti infrastrutturali in modo da far accollare alla ditta Ue-Bei i rischi maggiori e incentivare così i privati a partecipare nella parte di minor rischio dell’investimento. Se tutto va bene l’effetto moltiplicatore qui sarebbe di cinque volte il capitale racimolato. Sessanta per cinque trecento. Ecco dunque l’operazione Juncker.

OLTRE al piano di investimenti, la Commissione ha dato l’ok ai piani di bilancio nazionali per il 2015. Nessuna questione sollevata sulla legge di Stabilità italiana; confermato invece il rinvio a marzo dell’analisi delle riforme di Italia, Francia (sulle bozze di Parigi c’è stata qualche discussione in più) e Belgio. Ma il collegio di Bruxelles sollecita anche Germania e Paesi Bassi sull’urgenza di investimenti.

di  Emanuele Bonini

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