Martedì 16 Aprile 2024

"Più contadino che poeta". Ecco il De André segreto

Un doppio film per raccontare il cantautore. Il regista: "Mostro ciò che è rimasto vivo di Fabrizio: nella musica, nelle parole di chi lo ha incontrato

Fabrizio De André in concerto

FABRIZIO DE ANDRE'

Giovanni Bogani

MOLTI artisti hanno il loro luogo dell’anima, diverso da quello nel quale sono nati. Fabrizio De André aveva la Sardegna. Che poi, rispetto a Genova, è solo un po’ di mare più in là, verso l’infinito. Si può capire che cosa amasse della Sardegna. La solitudine, la lontananza, l’isolamento, la semplicità. Uno che per timidezza non riuscì a fare concerti fino al 1975, uno che nonostante il successo enorme, autentico, non se la sentiva di salire su quel palco, poteva amare quelle rocce. Dove nessuno gli chiedeva niente.

“FABER in Sardegna” è il titolo del film di Gianfranco Cabiddu che verrà proiettato nei cinema solo il 27 e 28 maggio. Un documentario musicale che sarà proiettato assieme al filmato dell’ultimo concerto di Fabrizio De André, a Roma, restaurato e rimasterizzato in ultra HD. Il film di Gianfranco Cabiddu, regista di cinema ed etnomusicologo, raccoglie rare immagini d’archivio, spezzoni di home movies, testimonianze di chi ha conosciuto De André nella sua dimensione più intima. In Sardegna, appunto. Dove fu tentato persino di farsi contadino, e smettere con la musica. Tra le interviste nel film, quella a Renzo Piano. E molti i filmati che ritraggono musicisti ripresi durante concerti quasi privati all’Agnata, dove De André viveva: da Paolo Fresu a Gianmaria Testa a Rita Marcotulli.

«MI SENTO più contadino che musicista», diceva De André. E considerava la tenuta dell’Agnata, nel cuore della Gallura, il suo rifugio. «Questo è il mio porto, il mio punto d’arrivo. Qui voglio diventare vecchio». Non riuscì nel sogno: Fabrizio De André è morto l’11 gennaio 1999. Un anno dopo l’ultimo concerto, a Roma, al teatro Brancaccio. Che viene riproposto, integralmente, nella seconda parte del film. In quel concerto si vede Cristiano, il figlio, che suona il violino, la chitarra, il bouzouki. E la figlia Luvi, all’epoca ventenne, interpreta la poesia in lingua Rom di “Khorakhané”.

“FABER in Sardegna & L’ultimo concerto di Fabrizio De André” è il titolo del doppio film. Che ha, nella prima parte, la vera novità. Quella in cui Cabiddu esplora il rapporto fra De André e la Sardegna. Un amore tanto forte da superare persino lo choc per il sequestro di cui fu vittima, nel 1979, assieme a Dori Ghezzi. E lì, nella sua Sardegna, all’Agnata, a casa sua, si ritrovano ogni anno musicisti e amici, molti dei quali sono ripresi nel film, come Morgan, autore di una versione al pianoforte della “Canzone dell’amore perduto”. «La storia che racconto – dice il regista – parla di Fabrizio, ma soprattutto parla di quello che rimane vivo di De André. Nella musica, nelle parole della gente che lo ha incontrato, per poco o per molto». Ne viene fuori il ritratto di un uomo che era intriso di tenerezza e di utopia, di sogno: «Se all’uomo levassero il sogno, sarebbe un mostruoso animale fatto di istinto e raziocinio», diceva De André.