Martedì 16 Aprile 2024

Peones e Pagnotta

SI DEVE a Roberto Calderoli, la cui fantasia lessicale non conosce limiti, l’invenzione del «partito della pagnotta». E’ il partito nel quale militano quei senatori più o meno peones intenzionati a fare a pezzi la riforma del Senato nella speranza d’esservi rieletti. Ma, essendo peones, non hanno il coraggio di farlo a volto scoperto.

A LEGGERE le dichiarazioni di diversi politici antirenziani, confidano dunque nel voto segreto. E con ciò dimostrano che la loro ignoranza è pari alla loro viltà. Ignorano infatti che l’articolo 113 del regolamento del Senato non prevede il ricorso al voto segreto su leggi come quella in discussione. Abbiamo dunque imparato due cose: che diversi politici parlano a vanvera; che il voto segreto è lo strumento preferito dagli alati spiriti che militano nel «partito della pagnotta». Gli stessi alati spiriti che quando si trattava di votare sulla decadenza di Berlusconi da senatore invocavano invece il voto palese. Sempre «in nome della democrazia», s’intende. Leggendo però il regolamento della Camera si impara altro. Ad esempio. Alle tipologie di legge rispetto alle quali, così come al Senato, è consentito il ricorso al voto segreto, l’articolo 49 ne aggiunge una: le «leggi relative ad organi costituzionali dello Stato». Ohibò, e come si spiega il fatto che in un sistema bicamerale cosiddetto «perfetto» una camera preveda cose che l’altra camera invece esclude? La spiegazione c’è. I regolamenti furono scritti nel 1988, quando il pentapartito vinse la battaglia contro il voto segreto. Poiché già allora si parlava della necessità (anzi, «l’urgenza») di abolire il Senato, Spadolini impose il proprio «lodo». Cioè il divieto per i senatori di votare segretamente «leggi relative ad organi costituzionali dello Stato». Organi costituzionali come il Senato. Abbiamo così imparato altre due cose: anche ai tempi di Spadolini e Craxi esisteva il «partito della pagnotta»; a dispetto di chi oggi si straccia le vesti in difesa del Senato elettivo, la necessità (anzi, «l’urgenza») di riformarlo non nasce dalla perversione antidemocratica della copia Renzi-Berlusconi, ma da ovvie esigenze funzionali. Del resto, non c’è paese al mondo dove esistano due camere elette per fare le stesse, identiche cose. 

PER LA VERITÀ, non c’è neanche un parlamento al mondo dove sia previsto il ricorso al voto segreto se non in casi estremi che riguardano singole persone. Ed è giusto: è giusto che i parlamentari si assumano la responsabilità dei propri voti. Perciò, abolito il Senato elettivo, bello sarebbe fosse abolito anche il voto segreto. Con tanti saluti al «partito della pagnotta».