Giovedì 18 Aprile 2024

Paula Cooper, l'ultima intervista - "Devo la vita a Giovanni Paolo II"

Ecco l'intervista concessa da Paula Cooper al nostro inviato Giampaolo Pioli nel carcere di Rockville nell'ottobre 2007

Paula Cooper con l'inviato di QN Giampaolo Pioli

Paula Cooper con l'inviato di QN Giampaolo Pioli

Rockville, 19 ottobre 2007 - RESTIAMO CON LEI un intero pomeriggio. Al telefono da Gary, la "cittadina maledetta" dovè tornata a vivere, la sorella Ronda dice "grazie per esservi ricordati di lei dopo tanto tempo… spero solo che la stampa non le salti di nuovo addosso quando uscirà di prigione". Rockville, se non fosse per i quattro anelli di filo spinato e le guardie sulle torrette col compito di "sparare per uccidere" a qualsiasi detenuta che si avvicini a meno di 5 metri dalla rete, più che un penitenziario di massima sicurezza sembrerebbe una cittadella universitaria con sette edifici intorno a un grande prato. Vista la pulizia e lordine dei locali potrebbe assomigliare addirittura ad una moderna clinica con uninfermeria molto attrezzata anche per il dentista. Laboratori per computer, aule, unenorme libreria, palestra, biliardi, video game, una cucina appartamento per rieducare le ragazze madri e persino una sala per laddestramento di cani da assegnare a bambini handicappati,rendono mirati i programmi del carcere:stimolare lattività fisica e psichica di chi ha decine di anni da scontare ma anche per preparare i prigionieri al ritorno in società. Ci sono rinchiuse 1200 donne dai 18 ai 70 anni. Hanno commesso i reati più diversi dallomicidio alla rapina dallo spaccio di droga ai crimini sessuali. Fra di loro non possono nemmeno sfiorarsi. Anche una mano nei capelli incide sulla buona condotta e il sesso è assolutamente proibito. Ogni camerata finisce col diventare una specie di "famiglia" con madri sorelle e figlie virtuali. Persino le passeggiate nel prato rispettano un ordine preciso con barriere "invisibili" tra uno spazio e l'altro che si possono superare solo con la voce.

Paula cosè la libertà per te oggi?

"Stare fuori in quel prato guardare la luna, le nuvole che si muovono e gli alberi lontani. Questa è la mia libertà".

Pensi ancora al tuo crimine?

"Sì, tutti i giorni quando mi sveglio penso al perché sono qui. Mi ricordo solo alcune parti di quel giorno terribile perché è passato molto tempo. Vorrei poter dimenticare tutto, ma so che non è giusto. Vorrei soprattutto poter tornare indietro. Quando penso a cosa ero io a 14 anni a Gary e vedo alla televisione che oggi è anche peggio, che bambini di 9-10 anni sparano e commettono violenza, mi rendo conto che non sanno cosè la prigione e soprattutto non sanno cosa vuol dire perdere la propria individualità. Sono esseri umani sbandati e senza guida. Pensano che rimanere chiusi dietro le sbarre sia unavventura, ma in realtà è una punizione durissima. Qualche volta ho lavorato con i bambini e ho cercato di spiegare loro che talvolta restare rinchiusi è peggio della morte"

Hai ancora contatti con tua madre e tua sorella?

"Li abbiamo ripresi negli ultimi anni. Mia madre è un'alcolista molto malata che adesso cerca di curarsi. Mi ha detto 'voglio rimanere viva per vederti uscire'. Lo sto facendo anche per lei. Anchio voglio rivederla fuori dal carcere. Sarà la prova che sono riuscita a compiere qualche cosa di buono. Trentanni qui dentro sono lunghi e sono entrata in crisi molte volte. Spesso sei tentata di lasciar perdere tutto e aspettare la morte. Il carcere può uccidere molto prima della vita normale. La solitudine è un'arma terribile. Ho visto donne della mia età che non ce lhanno fatta, che si sono arrese. Altre che sono uscite ma si sono perse di nuovo e sono tornate dentro. E' terribile quando non hai nessuno, quando non ricevi posta o non hai chi poter chiamare per sapere come sta. Non è il cibo cattivo, il poco movimento o il lavoro duro del carcere che deprime. E la perdita della speranza e di uno scopo nella vita che ti stronca lentamente. Io per quasi 20 anni ho vissuto come in un lungo tunnel buio, e solo adesso comincio a vedere la luce. Mancano meno di 7 anni al 2014, sono una distanza piccola rispetto a quello che ho percorso. La scuola, i libri, le lezioni universitarie mi hanno aiutato tantissimo. Ma anche aver ritrovato mia madre e mia sorella e scoprire che anche loro hanno bisogno di aiuto e di affetto è diventato importante. La nostra non è mai stata una grande famiglia, ma è l'unica che ho. Quando mia sorella Ronda viene a trovarmi è lunico momento in cui posso abbracciare qualcuno…" 

Comè una tua giornata?

"Rockville mi ha salvata tenendomi occupatissima. Mi alzo alle 3,45 del mattino con una piccola sveglia digitale, ma spesso anche senza.Per le 6 ho già fatto colazione e sono al lavoro fino alle 10,30 in un laboratorio che produce uniformi per tutte le carceri americane. Mi pagano 1,75 dollari al giorno che sto mettendo da parte per quando sarò fuori. Dalle 10,30 alle 11,30 cè il pranzo poi unaltra ora di lavoro in laboratorio. Dalle 12,30 alle 15,30 frequento un corso di computer e di contabilità. Ceniamo alle 4 del pomeriggio dopo lappello e puliamo la mensa poi ci sono un paio dore libere. Io però in genere alle 9 di sera sono già a letto. A scuola ti insegnano ad amministrare le tue cose, a pagare le bollette e aprire un conto in banca. Io non ho mai scritto un assegno. Sono tutte cose importantissime per imparare a sopravvivere in un mondo che non conosco e che mi fa paura. Se riuscirò ad uscire dal carcere non vorrei andare ad abitare subito da sola, sono terrorizzata e non saprei come fare. Vorrei vivere per un po in una casa protetta che gradualmente mi aiuti ad adattarmi, a compiere i primi passi nella giusta direzione, a trovare un lavoro, a prendere una patente, perché quando sei senza lavoro e nessuno ti vuole non ti resta che tornare sulla strada e ho visto decine di persone cadere per disperazione negli stessi errori. I 60 anni di condanna mi sembrano 1000 anni, ma ho cercato di dividere la mia vita in blocchi di 5 anni. Quando li raggiungo sento che ho fatto un altro piccolo passo vanti. So che ci sono detenuti condannati a morte che vedono la sedia elettrica come una liberazione, ma io volevo vivere. La mia più grande paura è sempre stata quella di morire in prigione. Io sono stata benedetta dal signore perché nel momento in cui ero maggiormente in crisi mia madre e mia sorella mi sono rimaste accanto"

La prigione ti può cambiare?

"Non è stato sempre facile. Non volevo accettare questa realtà e per 15 anni ho anche tentato di combattere contro il sistema. La prigione ti può cambiare se tu vuoi cambiare. Il progetto del carcere è composto di 2 parti. La prima è pagare il tuo debito, la seconda è essere aiutata a ritornare in modo utile nella società. Cè un grande slogan nella nostra sala di ricreazione che dice: 'se fallisce la preparazione ti prepari a fallire'".

Che fine hanno fatto le altre tre compagne condannate insieme a te. Sei ancora furiosa con loro che ti hanno addossato tutta la responsabilità dellomicidio?

"No, non più. Col tempo impari a lasciar perdere, a perdonare e a capire che eravamo tutte delle povere disperate.Una di loro, Denise, è ancora qui nello stesso carcere ma in un altro padiglione e ci vediamo qualche volta solo da lontano. Ha lasma e il diabete e come lavoro fa le foto ai famigliari dei prigionieri in visita. April invece, quella che ha avuto la condanna più breve è morta 3 anni fa, massacrata di botte dal suo compagno poco dopo essere uscita di galera. Karin è lunica che credo abbia una vita normale e si sia anche sposata ma non ho più sue notizie".

Hai detto che preghi spesso, perché?

"Lo faccio tutti i giorni. Mi aiuta leggere anche la bibbia. Io sono cristiana ma vorrei diventare cattolica, mi piace la loro disciplina e il loro fervore. Mi ricordo le lettere e le preghiere di Giovanni Paolo II, quando si interessò al mio caso. Forse se sono ancora viva è anche un suo miracolo"