Belpaese, discarica di tesori a cielo aperto

OGNI volta che leggo di un insulto o di un semplice disinteresse per il nostro patrimonio d’arte, ricordo il mio soggiorno a Newport nel più piccolo Stato americano col nome più lungo: Rhode Island Providence Plantation. Una Disneyland al naturale ove affluiscono turisti da tutti gli States per vedere dove e come nacquero gli Usa. E scoprono un facsimile d’Europa, candida e finta, dove capimastri e decoratori importati nell’800 da Francia e Italia hanno miscelato una dose di Versailles, una di Palladio, Notre Dame quanto basta e hanno servito caldo. È la Belle Epoque, prima della Grande Guerra, quando negli Usa non esistevano le tasse e i parvenus dilapidavano patrimoni in rubinetterie d’oro e baldacchini rococò anche sulla vasca da bagno. E folli castellane ordinavano lampadari immensi con mille “gocce” che facevano riempire con ettolitri del loro profumo nelle serate di gala. Le guide turistiche celebrano senza imbarazzo le follie esentasse dei loro antenati miliardari, lasciandoti capire che quei Paperoni scriteriati almeno ebbero il merito di tramandare questo gigantesco museo un po’ splendido e un po’ kitsch, assicurando al loro giovane Paese un minimo di passato archeologico. 

CHE ACCADREBBE, mi chiedevo, se l’America scoprisse per un misterioso prodigio vestigia romane o greche o etrusche nelle praterie dell’Ovest? Mobilitazione internazionale di architetti e archeologi, immediati stanziamenti, folle di sponsor che sgomiterebbero per assicurarsi uno spazio in una targa di marmo.  Svanita questa fantavisione, guardo desolatamente in che condizioni è ridotta la più straordinaria concentrazione di opere d’arte e bellezze naturali che assicurano all’Italia un record mondiale: scavi abbandonati, dipinti affastellati nei sotterranei perché non c’è personale per custodirli (ma ci sono più forestali in Sicilia che ranger in Canada).

COME definire le generazioni di politici che hanno provocato questo sfascio, avvicendandosi per oltre mezzo secolo nei ministeri e negli assessorati di un Paese in perpetua terapia intensiva? Troppo presi dai loro stramaledetti interessi – vitalizi e tangenti e rimborsi – per accorgersi della prosperità che l’arte e il sapere avrebbero assicurato al popolo ( «non si mangiano panini imbottiti di cultura», aveva ammonito l’illuminato statista Giulio Tremonti). Italia mia, dunque, discarica a cielo aperto di tesori dimenticati. 

SEMBRA una maledizione. Un’idea buona (ingresso a Pompei per un solo euro) ha un seguito disastroso: c’era un solo addetto alla biglietteria e una babele urlante di esclusi sotto la canicola si offriva alle telecamere della Bbc. Ma il menu del giorno offre ben altro. Non sai più se è una gag di Totò e De Filippo o un fatto reale. Nel cimitero di Poggioreale hanno dissepolto delle salme per vendere i sepolcri a nuovi acquirenti. È vero! Li hanno già stanati e spediti ai domiciliari (ma perché non li mettono a domicilio coatto nei loculi che han venduto?). Perché, mi chiedo, non si codifica un reato globale al quale inchiodare quelle minoranze criminali – menti raffinate o ringhianti ceffi di borgata – che soffocano nel disprezzo, nel ludibrio, nell’infamia ogni tentativo di rialzare la testa di questo sventurato Paese.