Martedì 23 Aprile 2024

Grande Italia alla chiusura dei Giochi

Cala il sipario, il bilancio è buono: per gli azzurri e per l'organizzazione

Beatrice 'Bebe' Vio dopo aver vinto la medaglia d'oro nel fioretto (Ansa)

Beatrice 'Bebe' Vio dopo aver vinto la medaglia d'oro nel fioretto (Ansa)

Rio de Janeiro 18 settembre 2016 - Cala il sipario sulla Paralimpiade e così la megalopoli brasiliana si congeda dal doppio evento che per la prima volta ha portato i Giochi nel continente sud americano. Al netto di tutte le strumentalizzazioni e delle immani contraddizioni di una nazione sempre in bilico tra gioia e disperazione, è giusto dire che la città carioca ha retto la sfida, onorando l’impegno. I posteri valuteranno se l’investimento olimpico sia stato uno spreco o un successo: certe cose si giudicano nel tempo. Per la cerimonia di chiusura della Paralimpiade, il bravo Luca Pancalli, capo della spedizione italiana, ha scelto come portabandiera Bebe Vio. Scelta ineccepibile. Con la sua vitalità e la sua generosa freschezza, la fiorettista rappresenta il simbolo perfetto di un movimento. Bebe non solo possiede il talento raro della campionessa (ha vinto l’oro individuale e il bronzo nella gara a squadre). Esprime, anche, il messaggio vero dello sport paralimpico. All’entusiasmo si somma la bravura, alla passione, per dirla con Zanardi, si unisce l’ambizione di pensare in grande. E siccome talvolta diventa molto facile scivolare nella retorica, quando si raccontano le imprese agonistiche dei disabili, un personaggio come Bebe ha invece il pregio di sottrarsi e sottrarci alla tentazione del buonismo d’accatto.

Bebe è una campionessa autentica, esattamente come Alex Zanardi ha acquisito la dimensione totemica del Fenomeno. Proprio Alex, il Capitan Italia dei nostri super eroi paralimpici, ha scelto il palcoscenico di Rio per stupire tutti ancora una volta. Conoscendone lo spirito competitivo, sono sicuro che molto gli brucia l’argento nella prova individuale della Hand bike. Ma l’oro a cronometro e nella sfida a squadre, insieme a Mazzone e Podestà, valgono più del metallo giallo. Stiamo parlando di un atleta ormai cinquantenne (e cinquantuno sono gli anni di Alvise De Vidi, bronzo ieri nei 400 in carrozzina, alla sua quindicesima medaglia olimpica da Seul 1988, risultati da libri di storia). In generale, il bilancio azzurro è molto buono. Poi, come dice sempre Pancalli, conta l’effetto. Se le immagini e i risultati di Rio avvicineranno alla pratica sportiva chi nella sofferenza sta cercando una ragione di vita, ecco, sarà questa la medaglia in più. Il movimento paralimpico rappresenta un patrimonio della nazione intera. Magari cerchiamo di ricordarcene più spesso.