Stalin, Wojtyla e Fidel Castro. Se la malattia è un segreto di Stato

I grandi della storia e quelle cartelle cliniche imbarazzanti

LÌDER IN CORSIA Fidel Castro, per anni leader cubano, ricoverato all’ospedale dell’Avana dopo un’operazione a cui si era sottoposto nel 2006 (foto EPA)

LÌDER IN CORSIA Fidel Castro, per anni leader cubano, ricoverato all’ospedale dell’Avana dopo un’operazione a cui si era sottoposto nel 2006 (foto EPA)

Roma, 8 settembre 2015 - Il potere è una malattia. Il potere provoca la malattia. Si comanda anche grazie al male, e nonostante il male. Sembra un gioco di parole ma non lo è. Tutti hanno diritto alla privacy sul proprio stato di salute, tranne chi è al comando. Negli Stati Uniti chi si candida a una carica, privata o pubblica, è obbligato a presentare un documento che attesti il suo stato di salute. Infatti, sono le dittature a tenere segrete le condizioni dei capi, trasformati in semidei che non soffrono neanche di un raffreddore. Poi, muoiono all’improvviso, e anche la morte viene comunicata con opportuno ritardo, per non ostacolare i giochi di successione.

Nei primi Anni Cinquanta, a Roma circolavano voci allarmanti su Pio XII, che soffriva di un fastidioso singhiozzo. Un sintomo di un male grave? Il collega Corrado Herman, che lavorava all’Associated Press, affittò una marsina e un cappello a cilindro e si accodò a una delegazione di scienziati ricevuta dal pontefice. A tu per tu gli chiese: come sta Santità? Papa Pacelli si confidò, Corrado scrisse, e pochi minuti dopo tutto il mondo ne fu informato. E il giornalista non fu punito. Cosa sarebbe avvenuto oggi? Per inciso, Herman non è un collega qualsiasi. Fu lui, decenni dopo, il 9 novembre dell’89, corrispondente da Berlino Est per l’Ansa, a far cadere il muro, o anticiparne la caduta, con la domanda inopportuna: «Anche i berlinesi possono varcare la frontiera e tornare indietro?»

PIÙ MODESTAMENTE, nel 1978, quando Wojtyla fu eletto Papa, fui spedito nella sua Cracovia, e giunsi per primo insieme con i colleghi Piero Benettazzo di ‘Repubblica’ e Vittorio Zucconi della ‘Stampa’. Al vescovado, erano fuori di sé dalla gioia, e ci fecero entrare nella stanzetta che aveva ospitato il nuovo pontefice fino al Conclave. Su un tavolino vedemmo il suo elettrocardiogramma e i risultati delle analisi cliniche. Il predecessore Luciani era morto dopo poche settimane, e evidentemente Wotyla aveva fatto un controllo preventivo. Lo scrivemmo, senza rivelare i dati, perché Giovanni Paolo era in perfetta salute. Che cosa avremmo fatto se avessimo scoperto qualcosa di allarmante? Rimanere discreti? Probabilmente ne avremmo scritto, come sarebbe stato nostro dovere. Qualcuno la penserà diversamente, è inevitabile.

LA SALUTE di chi comanda è di importanza vitale, per questo viene occultata. Napoleone era invincibile quando riusciva a lavorare giorno e notte, con un paio d’ore di sonno. Poi cominciò a soffrire di stomaco, e sembra che sia giunto a Waterloo debilitato dai dolori provocati dalle emorroidi. E fu sconfitto. Non proprio un male eroico, per il condottiero adorato dai suoi soldati. Inevitabile ricordare Stalin e Hitler: entrambi si credevano onnipotenti, e dunque la loro salute doveva essere, o sembrare, di ferro. Al Führer, dopo, hanno diagnosticato ogni male, fisico e psichico. Su Stalin, soprannome che vuol dire «uomo d’acciaio», non trapelò mai nulla, e nel ‘53, la sua morte venne tenuta segreta ancora per un paio di giorni, mentre i russi ritenevano che il loro Piccolo Padre fosse quasi immortale. Ma, paradossalmente, la notizia della sua fine fu diffusa all’ovest, quando il dittatore era ancora in vita, perché Kruscev voleva controllare come avrebbero reagito gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.

Nel 1975, l’agonia di Francisco Franco fu prolungata per un paio di settimane. Si disse che gli spagnoli avevano «tenuto in vita un cadavere», semplicemente perché a Madrid si era terrorizzati e impreparati innanzi alla successione. Un vizio antico. Nel XVIII secolo, Cristiano VII, re di Danimarca, governò in modo bizzarro per circa 40 anni. Solo dopo la morte, si seppe che soffriva di schizofrenia, che il suo medico von Struensee era riuscito a tenere sotto controllo.

RONALD REAGAN divenne presidente degli Stati Uniti anche grazie al suo fisico, da cowboy hollywoodiano. Niente da obiettare. Essere prestanti, e belli, ha sempre contato per gli americani, da John e Robert Kennedy a Clinton. Dopo l’attentato del 1981, e l’operazione di cancro all’intestino nel 1985, recuperò apparentemente le forze, ma oggi medici e psicologi si chiedono se Reagan non fosse riuscito a «recitare bene la sua ultima parte», e in realtà in grado non fosse di svolgere del tutto le sue funzioni. Solo finito il suo mandato, apparve in pubblico per rivelare di soffrire d’Alzheimer. Una prova di grande coraggio e dignità, ma quando si erano rivelati i primi sintomi?

Le voci false sulla salute del nemico servono al gioco. Lenin morì a causa della sifilide? Forse è vero, forse si cercò di indebolire la sua immagine, sempre scomoda per gli avversari. «Quante volte mi hanno per morto?», scherzò nell’agosto del 2010, Fidel Castro apparendo in pubblico dopo una lunga assenza. Il Lidèr Maximo, per inevitabili motivi anagrafici, non era stato bene, ma i servizi americani di continuo diffondevano voci secondo cui la sua morte veniva tenuta nascosta per non far crollare il regime. E due anni fa, la Cia fece circolare la voce che Putin fosse malato di cancro. Un modo per indebolire l’avversario che godeva invece di ottima salute, ed era un insidioso avversario, dall’Ucraina alla Siria. Accanto a un dittatore, stia bene o soffra di qualche male, l’uomo più potente è il suo medico curante. Perché sa tacere.