Il jet di Bonolis e i lussi dei leader. La morale pauperista invade il web

Insulti per la foto sul volo privato verso Formentera con la famiglia

La foto del jet con la famiglia di Paolo Bonolis (Instagram)

La foto del jet con la famiglia di Paolo Bonolis (Instagram)

Milano, 23 luglio 2016 - UN’ANTICA massima inglese definisce l’eleganza come l’arte di passare inosservati. Precetto sacrosanto ma ormai definitivamente fuori moda. L’altro giorno Sonia Bruganelli, moglie di Paolo Bonolis, ha postato su Instagram la foto della famiglia (più accompagnatori, in totale dieci persone) che andava in vacanza a Formentera a bordo di un aereo privato (noleggiato per qualche migliaio di euro, mica comprato). La furia pauperista dei savonarola del web si è immediatamente scatenata contro questa presunta ostentazione di ricchezza, che sarebbe stata compiuta in spregio alla serpeggiante povertà del Paese. La moglie di Bonolis ha replicato con un post in cui, oltre a sostenere di non capire perché mai dovrebbe cambiare tenore di vita, visto che se lo può permettere, fa sommessamente presente, sorvolando elegantemente sui particolari, di avere una figlia «non proprio velocissima negli spostamenti». La bambina infatti soffre di un deficit che le impedisce di camminare normalmente e che richiede un aiuto costante. D’altronde la ricchezza in questo Paese è sempre stata un elemento irritante, forse per l’atavico sospetto nei suoi confronti alimentato dalla Chiesa cattolica, per quel marchio d’infamia ‘sterco del diavolo’ (lo ha ripetuto l’anno scorso Papa Francesco) che non si è più tolta di dosso.    NE SA QUALCOSA Massimo D’Alema: quando osò mostrarsi fieramente al timone della sua barca a vela Ikarus gliene dissero di tutti i colori, come se cazzando il fiocco e issando la randa avesse tradito non solo la fede politica ma anche la Patria. Fu costretto a squadernare i conti e a spiegare che l’aveva presa con un leasing in società con un cugino (costo ipotizzabile: 750mila euro). Non meglio andò a Fausto Bertinotti e ai suoi delicati maglioncini in cachemire (lavare in ammollo): anche il girocollo fu interpretato come un clamoroso tradimento della lotta di classe, se ci fosse stato Stalin o Mao sarebbe di sicuro finito male, per fortuna c’era soltanto Andreotti. Pure Renzi c’è cascato con i suoi Rolex e Audemars Piguet da 50mila euro, forse gli perdoneremmo la trasformazione della Repubblica in un califfato, ma non l’ostentazione dei 24 carati.   LA STORIA italiana dovrebbe consigliare moderazione, ma c’è proprio chi non ce la fa. Stefano Ricucci, per dire, appena ripassato sotto la luce dei riflettori (e anche dei lampeggianti della polizia) non ha mai rinunciato all’esibizione pacchiana di orologi costosi, auto milionarie, donne di lusso, feste faraoniche, caviale e champagne. Come anche Flavio Briatore, e un pochino pure Lapo Elkann se vogliamo, con la sua Ferrari mimetica e la 500 pied de poule, nonché gli occhiali in carbonio scontati a duemila euro.  Non possiamo dimenticare il matrimonio di Valeria Marini, e mettiamoci anche il funerale dei Casamonica, i quali avrebbero potuto sterminare tutta la Nomentana nell’indifferenza generale, ma i fiori dall’elicottero, quelli no. Aveva capito tutto l’aspirante sindaco Alfio Marchini, che parcheggiava la Ferrari grigia sul grande raccordo anulare e arrivava in centro con l’utilitaria: purtroppo l’hanno scoperto, forse era meglio fermarsi a Orte.

IL NOSTRO non è tanto un sano impeto moralistico di stampo calvinista, quanto piuttosto, diciamocelo, invidia pura e semplice. L’italiano non sopporta la ricchezza perché non può averla ma, se l’avesse, si comporterebbe allo stesso modo (consulta tutti i film di Alberto Sordi). Per gli strani capricci del caso, ogni tanto accade anche il contrario: quando Antonino Cannavacciuolo e Joe Bastianich si sono fatti fotografare a bordo in aereo low cost, pigiati tra i sedili come migranti ivoriani, il web, volubile e capriccioso come un’attrice sul viale del tramonto, li ha sbeffeggiati ferocemente: «’a pidocchiosi». Poveri ricchi.