Venerdì 19 Aprile 2024

Orologi puntuali

Pierfrancesco De Robertis

MA LE FERIE no. Quelle proprio non doveva toccargliele. Perché fino a quando si parlava di separazione delle carriere, si buttava lì qualche ragionamento sulla riforma della giustizia, s’invocava lo smaltimento dell’arretrato dei procedimenti civili, via, passi. Ma le ferie no, sono sacre. Quarantacinque giorni sono e quarantacinque devono restare, non uno di meno. Così dopo le ribalde schermaglie dei giorni scorsi con l’Anm, Matteo Renzi sperimenta sulla sua pelle quanto vissuto da altri prima di lui, e che per amore di sintesi riassumiamo nello spazio di un claim pubblicitario: chi tocca i magistrati muore. Una verità semplice, perfino banale, una legge che dalla fine della prima repubblica governa i palazzi del potere e che Renzi, con quell’aria un po’ così da marziano della politica aveva pensato di poter ignorare, confidando nel fatto di essere giovane e immacolato e quindi poco attaccabile. Sbagliato, perché chiunque è attaccabile, e se non è attaccabile lui c’è sempre un amico, un parente, un familiare attaccabile. Ecco, un babbo, per sbrigare la bisogna, è perfetto.  E non dica Renzi di non essere stato avvertito.

DUE giorni fa, per citare l’ultima, un ex pm eletto nelle file del Pd (ma va!) aveva rilasciato un’intervista il cui titolo portava con sé un sinistro clangore di manette: «Fossi in Matteo sarei più prudente», e dico poco e dico niente. L’hanno sempre saputa tutti, questa verità, a destra come a sinistra. A sinistra prima di tutti, tant’è che si sono sempre guardati dal proporre organiche riforme della giustizia, hanno continuato a candidare ex pm e premiarli eleggendoli a vertici delle istituzioni, hanno governato con il consenso dei magistrati e quando non l’hanno più avuto se ne sono accorti di brutto (in Emilia, per fare un esempio, non è mai accaduto niente, poi a un certo punto qualcosa a palazzo di giustizia è cambiato e in seguito a inchieste giudiziarie in due anni sono caduti il sindaco di Bologna, il governatore della Regione e anche il prossimo sarà scelto con il concorso, magari involontario, delle toghe). 

LO SANNO anche a destra, con l’ormai acquisita consapevolezza dell’uomo bastonato che ha capito quanto è duro il bastone, solo che quando era la destra a denunciare il corto circuito tutti invocavano il golpe. Anche un altro marziano della politica aveva pensato di potersi affrancare dalle eterne leggi del potere ma poi, anche per pesanti colpe sue, ha dovuto ricredersi. 

E A PROPOSITO di Berlusconi. Più passa il tempo e più Renzi si conferma la grande vittoria del Cav. La sua rivincita. Il girone di ritorno del berlusconismo. In Renzi, il popolo di sinistra è chiamata ad apprezzare le stesse cose che odiava in Berlusconi: il partito in secondo piano rispetto alla leadership, l’importanza della comunicazione politica, la leggerezza della politica stessa, un’immancabile spruzzata di populismo, adesso anche il sospetto che alcuni giudici a volte usano la giustizia per mantenere inalterato il loro potere sulle istituzioni, servendosene invece di servirle.