Mercoledì 24 Aprile 2024

Rio 2016, Viviani e Bruni sugli scudi. L'Italia è quinta nel medagliere

Straordinaria impresa di Elia Viviani, che vendica la sconfitta di Londra conquistando l'oro nell'omnium. Rachele Bruni conquista la quarta medaglia del nuoto azzurro a Rio, la prima di argento e in acque libere. Nicolai e Lupo sono i primi italiani del beach volley ad accedere a una semifinale olimpica. Il Setterosa batte la Cina ed entra in zona medaglie

La medaglia d'oro dell'Omnium Elia Viviani (LaPresse/Reuters)

La medaglia d'oro dell'Omnium Elia Viviani (LaPresse/Reuters)

Rio de Janeiro, 16 agosto 2016 – Ennesima giornata trionfale per lo sport italiano alle Olimpiadi di Rio 2016. Grazie alla medaglia d’oro vinta da Elia Viviani nel ciclismo su pista e a quella d’argento conquistata da Rachele Bruni nella , l’Italia chiude l’undicesima giornata di gare al quinto posto del medagliere, con 8 ori, 9 argenti e 6 bronzi, per un totale di 23 medaglie. E il conto, nei prossimi giorni, potrebbe salire ancora.

OMNIUM D’ORO – L’impresa di giornata la firma Elia Viviani. 27 anni, veronese, il nuovo campione olimpico dell’omnium ha concluso al primo posto una gara palpitante, caratterizzata dal disperato (e infruttuoso) tentativo di rimonta di Gaviria, Hansen e Cavendish ai danni di Viviani. Il corridore del Team Sky aveva chiuso al primo posto le cinque prove – skretch, inseguimento, eliminazione, km da fermo e giro lanciato – che avevano preceduto il gran finale della corsa a punti. Una situazione, questa, già vissuta a Londra, alle Olimpiadi 2012 e ai Mondiali dello scorso marzo; in entrambe le occasioni, Viviani concluse addirittura giù dal podio, ma questa volta il finale doveva essere diverso. «Ho perso i Mondiali, ho perso le Olimpiadi di Londra ed è quattro anni che ci penso. Oggi, quando sono salito in pista, è stato solo per questa medaglia». Quella d’oro, ovviamente, che Viviani ha potuto stringere tra le proprie mani a dispetto di una caduta che lo ha coinvolto a metà gara. Poteva essere l’inizio della fine, ma l’Elia Viviani di Rio non è certo tipo da arrendersi facilmente: «La caduta mi ha un po’ scosso. Mi sono fermato per capire cos’era successo, ho dovuto cambiare bici e mi sono preso un giro per vedere come stavo. Ho guardato il tabellone dei punteggi, ho visto che ero primo e mi sono detto che no, non potevo mollare in quel momento». Ed Elia non ha mollato, resistendo al pericoloso ritorno del danese Hansen (poi bronzo) prima di chiudere ogni discorso nella terzultima e nella penultima volata, entrambe vinte. Gli ultimi due chilometri e mezzo sono stati una sorta di passerella per il veronese, che ha sfogato tutta l’adrenalina dei due giorni di gara con un urlo liberatorio. «In quell’urlo c’è tutto», ha suggerito Elia dopo essersi asciugato le tante lacrime di gioia versate nell’immediato dopo gara e dopo aver abbracciato il c.t. della pista Marco Villa, coartefice di questa straordinaria impresa, e i propri genitori, accorsi a Rio per seguirlo e sostenerlo, come sempre. «Un grande grazie lo devo a Marco Villa, che è un grande c.t., ma soprattutto un grande amico. Un grazie anche ai giovani che stanno crescendo: i miei miglioramenti li devo anche a Ganna e ai ragazzi del quartetto, averli qui e seguirli nel loro impegno è stato uno stimolo e un aiuto. Grazie a loro, alla mia famiglia ed alla mia ragazza Elena (Cecchini, anche lei professionista, ndr), l'unica che sa come tenermi tranquillo». Nonostante le emozioni forti provare in una notte che resterà nella storia del ciclismo italiano, di nuovo d’oro su pista a 16 anni dal trionfo di Antonella Bellutti nella corsa a punti, Viviani conserva la lucidità per analizzare il percorso che lo ho portato al trionfo di Rio e per tracciare il futuro suo e del movimento della pista: «Tutti i sacrifici che ho fatto potevano valere solo la medaglia d’oro. Tanti atleti sono venuti ad abbracciarmi con emozione e sincerità e questo per me significa molto. Tante volte ho perso, ci ho rimesso tanto, ho speso tempo per la pista, sono andato controcorrente per quella che poteva essere un’attività fuori dal normale per una squadra World Tour, ma il mio grande merito è stato quello di averci sempre creduto. Penso che questa sia la chiusura di una parte della mia carriera», conclude Viviani, che aggiunge: «Nei prossimi anni avrò altri obiettivi, mi concentrerò sulla strada, anche se rimarrò sempre parte di questo gruppo, a completa disposizione dovesse essercene il bisogno. Bisogna credere in questa nazionale, a Tokyo il quartetto può essere da podio». E se lo dice Viviani c'è da crederci per davvero.

ARGENTO DAL FONDO – La prima delle due medaglie di giornata era arrivata dall'Oceano Pacifico. A conquistarla Rachele Bruni, argento nella 10 km in acque libere del nuoto di fondo femminile. Fiorentina, 25 anni, la Bruni ha corso una gara di testa, senza mai perdere le prime posizioni del gruppo e inserendosi prontamente in quello che si è poi rivelato l’attacco decisivo. A sferrarlo, l’olandese Sharon van Rouwendaal, che ha poi salutato la compagnia della Bruni, della brasiliana Okimoto, della cinese Xin Xin e della francese Muller per involarsi alla conquista dell’oro. Alle sue spalle, soprattutto nel finale, si è scatenata al bagarre per il podio: le prime a muoversi sono state la Bruni e al Okimoto, ma la Xin Xin ha approfittato di una traiettoria migliore per andare a riprenderle. Negli ultimi chilometri, però, la cinese è scoppiata, mentre alle sue spalle la Muller dava inizio alla propria personalissima rimonta: la francese, fortissima allo sprint, ha provato a superare di slancio le avversarie, ma Rachele è stata bravissima a tenerne la scia, per poi affiancarla nelle ultime centinaia di metri. In vista della piastra dell’arrivo, le due hanno iniziato un’appassionante volata, risoltasi in un vero e proprio corpo a corpo: chiusa all’esterno, la Muller ha provato a cavarsela con le mani, impendendo alla Bruni di toccare la piastra prima di lei; i giudici, vista l’irregolarità, non hanno potuto far altro che squalificare la francese, promuovendo la brasiliana Okimoto sul podio, ma soprattutto la Bruni al secondo posto. Un argento che la fondista fiorentina ha dedicato alla propria compagna, che ha festeggiato con lei la preziosa medaglia: «La mia dedica va a Diletta. Non ho mai fatto coming out, ma non mi sono neanche mai preoccupata dei pregiudizi perché cerco di vivere la mia vita con naturalezza».

SEMIFINALI – Non solo medaglie. Altre due grandi soddisfazioni sono infatti arrivate dalla pallanuoto e dal beach volley. Il Setterosa di Fabio Conti ha conquistato l’accesso alle semifinali battendo per 12-7 la Cina, in una partita comandata dall’inizio alla fine; proprio nel finale, si è sbloccata anche la capitano Tania Di Marzio, autrice di una doppietta. La Russia, prossimo avversario delle azzurre, è avvisata: le nostre ragazze vogliono fortissimamente conquistare un oro che manca da Atene 2004. Non è mai andata a medaglia, invece, l’Italia del beach volley; anzi, a volerla dire tutta, nessuna coppia azzurra aveva mai conquistato l’accesso alle semifinali, prima che Paolo Nicolai e Daniele Lupo non riuscissero in questa impresa nella tarda serata di ieri. Lo stadio del beach volley di Copacabana è stato il teatro della vittoria della coppia italiana ai danni di quella russa, Liamin/Barsuk: dopo aver vinto il primo set, grazie soprattutto alle giocate offensive di Lupo, per 21-18, la coppia azzurra ha subito il ritorno dell’esperto duo russo, che si è imposto per 22-20 nel secondo set; nel tiebreak decisivo è salito in cattedra Nicolai, che tra ace, muri e attacchi vincenti ha spinto i nostri alla vittoria per 15-12. Una vittoria che vale la prima semifinale olimpica della storia del beach italiano e l’ingresso in zona medaglie. Per guadagnare l'accesso alla finale, Nicolai e Lupo se la vedranno (manco a dirlo) con una coppia russa, quella composta da Krasilnikov e Semenov, che nei quarti ha battuto il duo cubano Diaz Gomez/Gonzalez.