Non fare e stai sereno

C’era una volta un dirigente pubblico che passava le sue giornate a cambiare l’ordine con il quale i fascicoli venivano ammassati nel corso degli anni sopra la propria scrivania, a inizio del mese mettendo in cima quelli che erano in fondo per fare l’inverso qualche settimana dopo. I problemi della collettività non venivano risolti ma i suoi sì, in particolare uno: nessun pm mai lo indagò, essendo il reato di «scaldamento di seggiola» purtroppo non ancora contemplato dal codice penale. Severissimi furono invece quei magistrati con chi via via ha cercato di darsi da fare, per rispondere alla propria coscienza e alla propria passione prima ancora che al proprio datore di lavoro, nel caso lo Stato. E che manco a dirlo sono incappati nella furia della toga di turno, perché darsi da fare, in questo buffo Paese, è scambiato per arroganza. «Ma chi ti credi di essere....» (Da Roma in giù, state sicuri, non sarebbe accaduto). Un paradosso, tutto questo? Per niente, almeno a guardare le storie che ci consegna la cronaca, ultima delle quali quella che riguarda i responsabili del polo museale fiorentino, Antonio Paolucci prima e Cristina Acidini poi. Due studiosi di livello internazionale. Due professionalità universalmente riconosciute come eccellenze italiane, che il mondo ci invidia, a differenza dei pm che li hanno indagati per abuso di atti d’ufficio dopo aver affidato (è l’accusa) una polizza assicurativa per proteggere alcune opere d’arte senza la gara imposta dalla normativa europea. Se i due manager-studiosi avessero atteso i tempi prescritti avrebbero nociuto all’attività dell’istituto di cui erano responsabili perché le lungaggini burocratiche ingabbiano e annullano ogni iniziativa, prendendo in mano la situazione e firmando la convenzione con l’assicurazione hanno, per il pm, violato la legge. Un circolo vizioso che sta mandando in malora il Paese. L’Italia che in molti hanno in mente è quella del non fare.