Giovedì 18 Aprile 2024

Penna mirabile e uomo di mondo. Legato per sempre alla sua Versilia

Il ricordo di un giornalista di razza, capace di raccontare la vita

Lo scrittore e giornalista Manlio Cangogni, morto nella sua casa di Marina di Pietrasanta (Ansa)

Lo scrittore e giornalista Manlio Cangogni, morto nella sua casa di Marina di Pietrasanta (Ansa)

MI RITENGO fortunato per aver conosciuto Manlio. Un mito per noi che abbiamo cominciato a scrivere ammirati dalle gesta dei grandi inviati. Quelle penne capaci di raccontare mirabilmente i fatti, le persone, gli eventi. Tutto il mondo che li circonda. Manlio Cancogni era uno di questi. Un giornalista vero e molto, molto di più. Letterato, docente, scrittore che ti affascinava con le sue narrazioni e che è sempre rimasto di una disponibilità incredibile. Legato alla sua Versilia che amava più di ogni altra cosa, dove è mancato e dove riposerà sotto le Apuane che lui ha scoperto, battuto e gustato da grande camminatore. Manlio Cancogni pur avendo visto, visitato, raccontato tutto quello che c’era da raccontare era l’esatto contrario di quegli scrittori che dopo il primo libro di successo ti guardano dall’alto in basso. La sua gentilezza e la sua disponibilità erano grandissime, i suoi consigli sempre giusti e misurati.

L’inizio della scorsa estate sono stato contattato da un amico comune, Ireno Francesconi. Manlio aveva confidato a Ireno che avrebbe avuto un grande piacere se fossero apparsi su La Nazione alcuni articoli che aveva scritto per l’Osservatore Romano nei primi anni Duemila. Risposi che per noi era non solo un piacere ma anche un onore ospitare Cancogni, anche perché Manlio della nostra famiglia editoriale ha fatto parte nell’immediato Dopoguerra, scrivendo ai suoi esordi sulle colonne de La Nazione del Popolo insieme a Giovanni Pieraccini. Gli articoli sono stati pubblicati la scorsa estate sulle pagine culturali del QN , la parte nazionale del nostro giornale, e sono state autentiche ‘perle’ che hanno affascinato noi e i lettori. C’era tutto Manlio Cancogni in quegli articoli scritti deliziosamente, come i suoi libri. Con una narrazione avvincente e precisa. Lui ebbe molto piacere e ora capiamo che hanno forse rappresentato una sorta di testamento.

Manlio era un versiliese doc ma era al tempo stesso un cittadino del mondo. Lo testimonia la sua vita che si è snodata da Bologna dove è nato a Roma, da Firenze ai fronti di guerra, dagli Stati Uniti che amava a tutti quei luoghi sperduti o meno in cui ha raccontato cosa accadeva.

Dopo La Nazione del popolo, il Corriere della Sera, La Stampa, Il Popolo, L’Europeo, Botteghe Oscure, L’Espresso (per il quale fu corrispondente da Parigi), e altri giornali e riviste italiani.

Dalla fine degli anni Sessanta si recò negli Stati Uniti per insegnare letteratura italiana allo Smith College di Northampton e da allora, fino a che ha potuto, ha diviso la sua vita fra il Massachusetts e Marina di Pietrasanta. Ma quello che ci ha colpito sempre di Manlio era una qualità che è propria dei grandi. Sapere scrivere bene di tutto: dai pezzi d’inchiesta, ai ritratti dei personaggi fino allo sport con i suoi resoconti su Giri d’Italia, Tour, Olimpiadi, le maggiori manifestazione calcistiche (dalla serie A ai Mondiali) che rimangono scolpiti nella storia come tutta la sua opera. Del resto lui sportivo è sempre stato, anche come dirigente calcistico nell’amatissimo Pietrasanta insieme a Bruno Bartoli che ora è tra coloro che lo piangono con grande affetto.

Perdiamo tutti un amico ma soprattutto un grande versiliese. Un vero e proprio protagonista del Novecento che ci mancherà. Ma la Versilia, tutta, ha il dovere di non dimenticarlo. Perché è stato uno di coloro che l’hanno onorata nel mondo.