Giovedì 18 Aprile 2024

Biagiotti: una sfilata lunga 50 anni. "Ogni stagione è una pagina bianca"

La stilista annuncia: "Vorrei riportare l'uomo in passerella"

Laura Biagiotti (Lapresse)

Laura Biagiotti (Lapresse)

Roma, 4 luglio 2015 - "Fare una collezione di moda é un po’ come scrivere un libro. E a fine sfilata mi sento come uno scrittore che, terminato il lavoro, lo ripone sullo scaffale, pronto per un’altra pagina bianca. Quello della stilista è un lavoro solo apparentemente effimero e io lo faccio da 50 anni!". Laura Biagiotti racconta così la sua grande passione per la moda, il suo impegno assoluto e certosino, la sua coerenza di persona piena di ideali e di valori, di donna e su tutto di madre e anche di figlia. Perché tutto è cominciato negli anni Sessanta con l’atelier romano di mamma Delia Soldaini e tutto continua e guarda al futuro con le intuizioni e le sfide della figlia Lavinia: un ponte fra tre generazioni al femminile. Coraggiosa Laura Biagiotti, colta e preparata, internazionale nella testa e nel cuore eppure legatissima a Roma e al suo Castello di Marco Simone, vicino a Guidonia dove vive e lavora immersa nella bellezza.

Laura, a chi va il suo primo pensiero in questo anniversario?

"A mia madre Delia che andando in pensione giovane dalla Montecatini aveva deciso di fare un lavoretto a casa vendendo abiti e producendo le prime divise per Alitalia. Che genio mia madre! E che esempio. Insieme a lei penso sempre a mio marito Gianni Cigna che ci ha lasciato prematuramente nel 1996. Lui è stato un grande pioniere del Made in Italy, ha fatto tante cose prima di tanti altri imprenditori per la nostra azienda e per il sistema della moda italiana. Questo cinquantesimo io e Lavinia lo dedichiamo tutto a lui, è in suo onore: sono sicura che da dove è ci guarda e ci sorride".

Quanto è difficile tenere ferma la barra per 50 anni, scrivere ogni giorno una pagina d’eleganza?

"Io facevo studi di belle lettere in archeologia cristiana alla Sapienza ma a 22 anni nel 1965 con mia madre ho fondato il Gruppo Biagiotti e ho preso la via della moda. È stato un lavoro bello e terribile e oggi non è più quello di una volta. C’è stata un’affluenza di denaro che lo ha reso spietato. Colpa della concorrenza e della globalizzazione. Credo che il fatto di tanti marchi italiani comprati da multinazionali servirà a far spazio a qualche altro interesse...".

Lei però ha resistito.

"Sì. Con Lavinia, che è vicepresidente, abbiamo resistito alle sirene degli acquisti. Sarà mia figlia un domani a decidere, lei è molto brava e impegnata, vendere oggi sarebbe stato un tradimento alla nostra storia. Io disegno ancora ogni anno 70 collezioni con la stessa voglia di sempre. Ricordo le parole di Wanda Ferragamo ad una edizione del Premio del Comitato Leonardo che ho presieduto per anni: lei è la maestra di tutte noi quando dice che il suo lavoro in azienda è tutto dedicato alla memoria di Salvatore Ferragamo".

Con Gianni Cigna siete stati pionieri della moda italiana nel mondo. I primi a sfilare in Cina a Pechino.

"Era il 1988 quando ho portato la mia moda a Pechino e poi a Shanghai e alla Grande Muraglia. Un ricordo meraviglioso, una cosa bellissima per noi e per loro che non conoscevano nulla della nostra moda. Poi fummo i primi anche a Mosca nel 1995 nelle sale del Cremlino e il mio cashmere bianco si stagliava sulla Piazza Rossa".

Quanta differenza fa essere una stilista donna? E poi adesso, quando tanto si parla di genderless?

"Una differenza enorme anche se a me piace molto disegnare anche la moda maschile che in passato mi ha dato enormi soddisfazioni e presto forse la riporterò in passerella. Essere donna e stilista vuol dire conoscere meglio il corpo e i desideri veri delle clienti. Sono felice di aver vissuto un’epoca di grandi donne della moda. Micol Fontana e Irene Galitzine su tutte e sono orgogliosa di essere sulla scia di questo Made in Italy al femminile. In questi 50 anni ho conosciuto della gran bella gente. E ho amici straordinari come Beppe Modenese che ci ha insegnato tutto a tutti ed è un grande esempio di costanza. In quanto al genderless di cui tanto si parla, sopra e fuori dalle passerelle, io dico che ho sempre vissuto di genere ma ho sempre rispettato le differenze. Io mi batto per i diritti delle persone, uomini e donne. Voglio che ognuno si vesta in libertà, non c’è bisogno di una ulteriore ghettizzazione".

Il suo abito più famoso è sempre il modello Bambola?

"Si, è un inno alla libertà delle donne e per le donne. L’ho creato nel 1975 e resta elegantissimo e modernissimo, largo-largo o stretto in vita, come ognuna vuole".

Lei ama l’arte, la Fondazione Gianni Cigna possiede 270 opere di Giacomo Balla, ha prestato all’Expo l’immensa tela d’arazzo del Genio Futurista. Sta pensando a qualcosa per celebrare questi 50 anni?

"Con Lavinia vogliamo fare un restauro ma ancora non abbiamo deciso cosa e dove. Non ho voglia di feste, penso sia meglio investire per la cultura che è un bene di tutti. Sarà Roma, l’Italia... chissà".