Missione Pechino

L’IMMAGINE dell’abbraccio in una anonima saletta dell’aeroporto dell’Avana tra papa Francesco e il patriarca russo Kirill è l’ennesima istantanea che questo pontificato regala alla Storia, dopo quella dei «due papi» che pregano insieme, al papa che viaggia su una Ford Focus o si scatta un selfie insieme ai ragazzi in San Pietro. Niente ormai stupisce. L’incontro con il capo della Chiesa russa, la più grande di tutte le comunioni ortodosse, è sempre stato il sogno dichiarato dei papi del post-concilio, e nessuno ci era mai riuscito. Il polacco Woytjla e il tedesco Ratzinger lo hanno cullato a lungo, dovendosi invece «accontentare» di altri incontri ecumenicamente rilevanti ma certamente meno significativi rispetto al faccia a faccia con la figura che dallo scisma del 1054 nessun papa aveva mai abbracciato.

 

LA VALENZA di questo incontro è duplice. La prima è quella ecumenica, e si innesta in quel vasto processo di dialogo con le altre relgioni e in particolare con le altre confessioni cristiane che Bergoglio ha inaugurato da tempo, e che lo porterà in autunno in Svezia a celebrare i 500 anni dalla riforma luterana (ma ci rendiamo conto? un papa che si muove da Roma per celebrare i 500 anni della riforma luterana) e chissà mai, forse in un tempo non troppo lontano anche direttamente a Mosca o a Pechino. Probabilmente il vero punto di approdo di questo pontificato, il sogno del gesuita Bergoglio di ripercorrere il cammino del gesuita Matteo Ricci. L’altro aspetto è legato alla geopolitica vaticana, «materia» che sta sempre più caratterizzando l’azione di Francesco. La «pace» tra Stati Uniti e Cuba propiziata dalla Santa sede, le prese di posizioni nella guerra in Siria, nella crisi ucraina, nei conflitti in Medio Oriente sono tutti tasselli di una tela ben orchestrata. E che nel faccia a faccia con Kirill trovano il loro compimento. Terreno d’incontro con il patriarca, il fronte comune a ogni persecuzione contro i cristiani, e di conseguenza l’opposizione al fanatismo islamista. È con questo spirito che Francesco ha aperto il dialogo con il patriarca, dialogo che si intraprende senza conoscere gli esiti finali. Nella Storia, pensa il Papa, il tempo è superiore allo spazio. I processi si avviano, in qualche modo, prima o poi, andranno avanti.